Di Redazione William Hill News
30 Maggio 2020
Il 30 maggio del 1920 Gaetano Fichera, medico chirurgo siciliano, fonda il Cagliari Football Club. Il calcio sull’isola era già arrivato una ventina d’anni prima, partendo dal nord della Sardegna fino a scendere verso sud. A Cagliari, la prima partita di cui si ha notizia nelle cronache risale al 27 aprile 1902, quando in Piazza d’Armi una formazione di studenti cagliaritani sfida, e perde, contro la squadra dei marinai liguri. Sono solo le basi che il gioco getta, prima di fare la sua ascesa anche in Sardegna.
E Cagliari, porto frequentato dagli inglesi inventori di questo sport, assume un ruolo centrale per il suo sviluppo. Tanto che, il 30 maggio del 1920, quel medico arrivato a Cagliari sei anni prima per insegnare all’Università, fonda la prima squadra ufficiale della città. A settembre, arriva anche la prima partita, anche se l’anno successivo Fichera lascia la Sardegna per un’altra isola, per fare ritorno nella sua terra natia, la Sicilia. Ormai, il calcio è avviato e la società prosegue anche senza il suo fondatore, trasferitosi a Messina. Sono gli anni Venti, segnati da Giorgio Mereu, avvocato nella vita, ma sul campo giocatore, allenatore e poi anche presidente del Cagliari: la società si consolida, ma prima dell’affermazione a squadra di caratura nazionale bisognerà aspettare ancora diversi anni.
La scalata verso la Serie A
Bisognerà aspettare il dopoguerra e, ancora, quasi un ventennio tra Serie B e Serie C, a farsi le ossa. Poi, servirà anche il guizzo, quel colpo di genio che – se ben assistito – può portare a vette insperate. Il campionato del ’63-’64, visto a posteriori, è l’antipasto di una cavalcata che, nel 1970, porterà al primo e unico Scudetto della storia del Cagliari.
Il ’64 è l’anno della prima storica promozione in Serie A, e nella formazione cagliaritana che scende in campo all’ultima giornata di Serie B, c’è già parte degli eroi che guideranno i sardi al titolo, sei anni dopo. C’è Ricciotti Greatti, c’è anche Mario Martiradonna. Soprattutto, arriva dal Legnano un certo Gigi Riva, ragazzetto alto e magro che, però, ha un bel futuro davanti. Riva è la chiave di volta dei successi del Cagliari: arriva sull’isola controvoglia, scelto personalmente dall’allenatore Arturo Silvestri e dal vicepresidente Andrea Arrica, ma ci resterà per tutta la vita. All’epoca, per risparmiare, il Cagliari giocava due partite in casa e due in trasferta. Durante i periodi passati “in continente”, i sardi erano di stanza a Legnano: proprio tra i Lilla scorgono Riva e, una volta superata la concorrenza del Bologna, riescono a portarlo in Sardegna.
Gli anni di Gigi Riva e lo Scudetto del 1970
Il 12 aprile 1970, dopo aver chiuso al secondo posto il campionato precedente, il Cagliari festeggia la vittoria dello Scudetto, con due giornate d’anticipo. Riva è l’uomo immagine della squadra, da due stagioni è il capocannoniere della Serie A, ma non è il solo talento dei rossoblù. Su tutti, spicca una difesa di ferro, che subisce, in trenta partite, appena undici reti. Enrico Albertosi tra i pali, Pierluigi Cera libero, al posto dell’infortunato Tomasini, poi, il trio Martiradonna, Niccolai e Zignoli: la cerniera perfetta per arrivare al successo. Senza dimenticare, ovviamente, il burattinaio della squadra, l’allenatore Manlio Scopigno.
A 26 anni deve scegliere se continuare gli studi di filosofia o iniziare la carriera da allenatore, dopo che un infortunio lo ha costretto a smettere di giocare. Sceglie la seconda opzione e comincia un’avventura che lo porta a Cagliari già una volta, prima dello scudetto. Scopigno è l’allenatore che consacra il Cagliari al pari di una grande, ma nel 1967, al suo primo anno, viene esonerato per una causa particolare. I sardi sono negli Stati Uniti, invitati a partecipare al campionato americano in estate, con il nome di Chicago Mustangs. Durante un ricevimento all’Ambasciata italiana di Washington, Scopigno viene colto ad urinare nel giardino dell’edificio e, pertanto, licenziato. Verrà ripreso dopo un anno, giusto il tempo di smaltire l’imbarazzo per la spiacevole situazione.
Gli anni ’80-’90 di Ranieri e Mazzone
Scopigno non è l’unico allenatore rimasto nel cuore dei suoi tifosi. Tra gli altri, difficile dimenticare anche Claudio Ranieri: il tecnico romano è stato l’uomo al quale la società si è affidata per la risalita, dopo un decennio, gli anni ’80, alquanto turbolento. Il nuovo presidente Tonino Orrù ha le idee più chiare dei suoi predecessori e, nel 1988, affida la panchina a Ranieri: in due anni, i sardi risalgono dalla Serie C alla Serie A.
Gli anni Novanta per il Cagliari si aprono tra i fasti di un campionato, come quello italiano, che attira sempre più stelle internazionali. Così, all’isolano doc Gianfranco Matteoli, si aggiunge anche il trio uruguaiano composto da Enzo Francescoli, Josè “Pepe” Herrera e Daniel Fonseca. Il ’90-’91 non sembra cominciare nel migliore dei modi, ma complice un ribaltone a Torino contro la Juventus e l’esplosione di Francescoli, il Cagliari trova la salvezza e Ranieri saluta la Sardegna tra gli applausi.
Da romano a romano, con Carlo Mazzone che prende le redini della squadra, anche il ’92 si dimostra anno fondamentale, anche se in società, piuttosto che sul campo. La famiglia Orrù cede la squadra a Massimo Cellino, vulcanico presidente che per presentarsi porta sull’isola Luis Oliveira, venuto a rimpiazzare Fonseca partito per Napoli. Con lui, i rossoblù esplodono in una stagione esaltante, che si concluderà con il sesto posto e il piazzamento europeo a vent’anni dall’ultima volta.
Il Cagliari del nuovo millennio
Il nuovo millennio viene accolto dal Cagliari in Serie B, un purgatorio in cui la società è costretta almeno fino all’arrivo dell’ultimo grande simbolo del calcio sardo: Gianfranco Zola. Magic Box, che non aveva mai giocato in rossoblù prima, sceglie Cagliari per chiudere la carriera, al termine dell’esperienza in Inghilterra con il Chelsea. Al primo colpo, nel 2003-2004, trascina la squadra alla promozione in Serie A, accanto a David Suazo e Mauro Esposito. L’anno successivo, l’ultimo della sua carriera, sarà tra i protagonisti di una tiratissima salvezza: chiude la stagione segnando due reti alla Juventus, annuncerà il ritiro in estate, ma a Cagliari erano già pronti a salutarlo. Ormai, era già entrato nella storia, una storia centenaria, di una squadra che spesso si identifica con una terra intera, che si fa portabandiera anche quando meno se lo aspetta. Che vince, ma che anche quando perde ha la forza di rialzarsi e puntare a nuovi traguardi.
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