Di Redazione William Hill News
Aggiornato: 9 Luglio 2025
Una doppietta del talento brasiliano, cresciuto proprio nel club di Rio, decide la semifinale del Mondiale per Club. I Blues di Maresca dominano la partita, ma per il Tricolor restano i rimpianti per un salvataggio sulla linea e un rigore revocato dal VAR.
Il destino si tinge di Blu al Meadowlands
Il destino, a volte, scrive sceneggiature crudeli e meravigliose. Al Meadowlands Stadium di East Rutherford, sotto il sole cocente di New York, il Chelsea è diventato la prima finalista del Mondiale per Club, superando per 2-0 il Fluminense. Una vittoria netta, meritata, che proietta i Blues di Enzo Maresca verso una finale tutta europea, in attesa di conoscere il proprio avversario dalla sfida tra Paris Saint-Germain e Real Madrid. Ma questa non è solo la cronaca di una vittoria. È il racconto di una favola amara, il cui protagonista e carnefice è la stessa persona: João Pedro. Un ragazzo cresciuto nel Fluminense, un talento forgiato a Rio de Janeiro, che ha scelto la notte più importante per segnare i suoi primi, pesantissimi gol con la maglia del Chelsea, proprio contro la squadra che lo ha lanciato nel grande calcio.
Sugli spalti, il dramma si è consumato in un contrasto di emozioni straziante. Da una parte, le lacrime di gioia dei tifosi del Chelsea, che hanno accompagnato la squadra verso l’ultimo atto del torneo; dall’altra, le lacrime di dolore dei sostenitori del Tricolor, che avevano sognato una finale storica, vedendo la loro squadra come l’ultima rappresentante del “resto del mondo” contro lo strapotere europeo. Un sogno infranto da un ex, da un figlio di quel club, che ha deciso la contesa con due prodezze balistiche, lasciando il suo popolo in un silenzio carico di orgoglio e tristezza. In una giornata tutt’altro che fresca, dove il caldo sembrava incidere fin dai primi minuti, il calcio ha messo in scena una delle sue storie più poetiche e spietate.
La cronaca della partita: un monologo del Chelsea in due atti
La partita si è sviluppata come un’opera in due atti, dominata quasi interamente dalla superiorità tattica e tecnica del Chelsea, ma non senza momenti che avrebbero potuto riscrivere completamente la storia della serata.
Contrariamente a quanto il risultato finale possa suggerire, è il Fluminense a tentare la prima sortita offensiva, con una conclusione sbilenca di Guga che non impensierisce la difesa londinese. È un fuoco di paglia. Il Chelsea appare subito ordinato, attento, e prende presto il controllo del centrocampo, dove Enzo Fernandez fa sentire la sua presenza con un intervento duro su Germán Cano che gli costa un richiamo verbale. La squadra di Maresca gestisce il possesso, costringendo i brasiliani sulla difensiva, e al 18° minuto rompe l’equilibrio con un’autentica perla. L’azione nasce da una combinazione sulla sinistra: Pedro Neto crossa al centro, la difesa del Fluminense respinge corto, ma la palla arriva al limite dell’area sui piedi di João Pedro. L’attaccante brasiliano non ci pensa due volte e disegna un destro a giro pazzesco, potente e preciso, che si insacca all’incrocio dei pali. È il suo primo gol con la maglia del Chelsea, un capolavoro che sceglie di non festeggiare, in segno di profondo rispetto per il suo passato.
Ferito ma non domo, il Fluminense prova a reagire. E l’occasione per pareggiare arriva, enorme, al 26° minuto. Una dormita colossale del portiere del Chelsea, Robert Sánchez, che si lascia scavalcare da un pallone apparentemente innocuo, spalanca la porta ai brasiliani. Hercules, a porta sguarnita, tocca verso la rete, ma quando il gol sembra ormai fatto, Marc Cucurella compie un salvataggio miracoloso sulla linea, immolandosi per la causa e negando un pareggio che sembrava certo. Questo episodio è il primo di due momenti che segnano in modo indelebile il destino del Fluminense. Il secondo arriva al 35° minuto: un tocco di mano in area di Trevoh Chalobah spinge l’arbitro a concedere un calcio di rigore. I brasiliani esultano, vedono la possibilità di riequilibrare la partita prima dell’intervallo. Ma la gioia dura poco. Un lungo controllo al VAR e la revisione al monitor da parte del direttore di gara portano all’annullamento della decisione. Il rigore viene revocato, e con esso svanisce la più grande speranza del Tricolor di rientrare in partita. Questi due episodi, il salvataggio sulla linea e il rigore cancellato, sono le porte scorrevoli della partita: due momenti in cui il Fluminense ha visto la luce del pareggio, solo per vedersela spegnere brutalmente, minando il morale e rafforzando la sensazione che quella non fosse la loro serata. Il primo tempo si chiude con il Chelsea in totale controllo, avanti 1-0 ma con la consapevolezza di aver rischiato grosso.
Al rientro dagli spogliatoi, senza cambi da nessuna delle due parti, l’intenzione del Chelsea è chiara: chiudere la partita. La squadra di Maresca attacca a testa bassa, determinata a non lasciare scampo. Il Fluminense ha un breve sussulto d’orgoglio con un tentativo di Everaldo, ma Sánchez questa volta è attento. La sentenza arriva al 56° minuto, ancora una volta per mano di João Pedro. L’azione è un manifesto del calcio del Chelsea: un contropiede fulmineo, guidato magistralmente da Enzo Fernandez, che serve una palla splendida per il suo attaccante. João Pedro punta la difesa, rientra sul destro e scarica un siluro che si stampa sulla traversa prima di rimbalzare oltre la linea di porta. È il 2-0, la doppietta personale, e anche questa volta nessuna esultanza.
Con il doppio vantaggio, la partita è virtualmente chiusa. Maresca inizia la girandola delle sostituzioni, concedendo una meritata standing ovation all’eroe di serata, João Pedro, sostituito al 60° da Nicolas Jackson. Entrano forze fresche come Reece James e Noni Madueke per gestire le energie. Il Fluminense, pur giocando con grinta e fame, non riesce più a creare pericoli concreti. L’organizzazione del Chelsea è impeccabile e i brasiliani faticano enormemente a trovare la via del tiro. Anzi, è il Chelsea a sfiorare il terzo gol, ma un salvataggio sulla linea di un eterno Thiago Silva nega la gioia a Christopher Nkunku. Il finale di gara è segnato solo da un grande spavento per i Blues: un infortunio alla caviglia occorso a Moisés Caicedo nei minuti di recupero costringe il Chelsea a chiudere la partita in dieci uomini, avendo esaurito i cambi. Dopo oltre 100 minuti di gioco, il fischio finale sancisce il 2-0 e spedisce il Chelsea all’ultimo atto del torneo.
L’uomo del destino: la notte da sogno e senza esultanza di João Pedro
Al di là della cronaca e della tattica, questa semifinale sarà ricordata come la notte di João Pedro. Una serata che sembra scritta da uno sceneggiatore con un perfido senso della drammaturgia. Alla sua prima partita da titolare con la maglia del Chelsea, l’attaccante brasiliano ha segnato non uno, ma due gol, i suoi primi in assoluto per il club londinese. Che questo sia accaduto contro il Fluminense, la squadra che lo ha cresciuto e lo ha presentato al mondo, è una di quelle coincidenze che rendono il calcio così affascinante.
La sua prestazione è stata da MVP assoluto, e non solo per le due reti, due prodezze di rara bellezza. Il primo, un destro a giro potente e preciso; il secondo, un bolide che ha fatto tremare la traversa. Ma ciò che ha colpito ancora di più è stata la sua reazione. Ad ogni gol, nessuna corsa sfrenata, nessuna esultanza plateale. Solo un gesto di scuse, un’espressione quasi dolente, un segno di rispetto profondo per la sua gente, per i tifosi che un tempo cantavano il suo nome. Questo comportamento non è stato un semplice atto formale, ma la testimonianza di un legame indissolubile con le proprie radici, un gesto che gli è valso l’ammirazione di entrambe le tifoserie e che definisce il suo carattere tanto quanto le sue giocate in campo. È stato il fulcro dell’attacco del Chelsea, un punto di riferimento costante, e ha dimostrato di essere un attaccante completo, capace di finalizzare e di partecipare alla manovra, come dimostra la sponda che ha avviato l’azione del primo gol. Una notte da sogno per lui, un incubo per il suo passato.
La scacchiera di Maresca imbriglia il gioco del Fluminense
La vittoria del Chelsea è stata, prima di tutto, un trionfo tattico. Enzo Maresca ha preparato la partita alla perfezione, imbrigliando il Fluminense in una rete da cui i brasiliani non sono mai riusciti a liberarsi. Il 4-2-3-1 dei Blues ha funzionato a meraviglia, con la coppia di centrocampisti formata da Enzo Fernandez e Moisés Caicedo che ha agito da vera e propria sala macchine della squadra. I due non si sono limitati a un lavoro di rottura, ma hanno dettato i ritmi, gestito il possesso palla e lanciato le ripartenze che si sono rivelate letali, come in occasione del secondo gol.
Dall’altra parte, il 3-5-2 del Fluminense, disegnato da Renato Gaucho per garantire solidità difensiva e transizioni veloci verso la coppia d’attacco Arias-Cano, si è rivelato inefficace. La partita è stata vinta e persa in mezzo al campo. Il dominio del duo Fernandez-Caicedo ha completamente tagliato i rifornimenti agli attaccanti brasiliani. Germán Cano, eroe delle fasi precedenti, è stato letteralmente anestetizzato dalla morsa di Chalobah e Adarabioyo, risultando totalmente innocuo e finendo per essere un fantasma in campo. La strategia del Fluminense, che si basa sulla capacità dei suoi centrocampisti e degli esterni di servire le due punte, è stata sistematicamente smantellata alla fonte. Il Chelsea ha vinto la battaglia nel cuore del campo, e vincendo lì ha spento il motore dell’intera squadra avversaria. Le parole del tecnico Renato Gaucho alla vigilia, che parlava di credere nel sogno e di giocarsela 11 contro 11, si sono scontrate con la dura realtà: la grinta e lo spirito di squadra, pur presenti, non sono bastati a colmare il divario di organizzazione tattica e qualità individuale.
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