La Virtus Segafredo Bologna è campione d’Italia per la 17ª volta nella sua gloriosa storia. Il sigillo sul tricolore è arrivato al PalaLeonessa di Brescia, al termine di una gara-3 dominata dall’inizio alla fine e vinta con il punteggio schiacciante di 96-74. Un successo che chiude la serie di finale con un perentorio 3-0 e riporta lo scudetto sotto le Due Torri dopo un’attesa lunga quattro anni. Ma questo non è stato un semplice trionfo sportivo, una mera dimostrazione di superiorità tecnica. È stata una promessa mantenuta, un’impresa compiuta con una motivazione che ha trasceso il parquet: questa vittoria è per Achille Polonara, il compagno di squadra che sta combattendo la sua battaglia più importante contro una leucemia mieloide.

La cronaca di gara-3: un monologo bianconero

La partita di Brescia non è mai stata in discussione. La Virtus, consapevole di avere tra le mani il primo match point, ha aggredito la gara con la ferocia di chi vuole chiudere i conti senza appello. L’approccio è stato una precisa dichiarazione di intenti, una strategia mirata non solo a segnare punti, ma ad annientare psicologicamente la fiducia di un avversario che, spinto dal proprio pubblico, sperava di allungare la serie. Un parziale iniziale di 13-0 ha immediatamente scavato un solco incolmabile, ammutolendo il PalaLeonessa e indirizzando la sfida su un binario unico. I parziali progressivi raccontano la storia di un dominio assoluto: 15-28 alla fine del primo quarto, 28-50 all’intervallo lungo. La Germani Brescia, pur lottando con orgoglio, non ha mai trovato le contromisure per arginare la marea bianconera, che ha toccato anche un massimo vantaggio di +28. L’ultimo quarto si è trasformato in un lungo “garbage time”, con il risultato ormai acquisito e i festeggiamenti pronti a iniziare.   

A guidare l’assalto è stato un Tornik’e “Toko” Shengelia in versione monumentale, legittimamente eletto MVP delle Finali. La sua prestazione in gara-3 è stata semplicemente “pazzesca” : 31 punti, 9 rimbalzi e una perfezione chirurgica al tiro da tre punti (4/4) che ha sistematicamente frustrato ogni tentativo di rientro dei lombardi. “Ci sono stati tanti giorni difficili durante la stagione, è normale perché siamo umani, però se dedichi te stesso e ti fidi di lui, ti porta sulla luna“, ha dichiarato il georgiano a fine partita, dando una dimensione quasi mistica alla sua impresa. Ma la vittoria è stata figlia di un collettivo oliato alla perfezione. Fondamentale il contributo di Brandon Taylor, autore di 19 punti con un micidiale 5/7 dall’arco, e la solidità sotto canestro di Jordan Morgan e Mouhammadou Diouf, entrambi a referto con 11 punti. La netta superiorità a rimbalzo (38 a 20) è stata un altro fattore chiave che ha permesso alla Virtus di controllare il ritmo e non concedere seconde opportunità.   

Dall’altra parte, va reso l’onore delle armi a una Germani Brescia che chiude a testa altissima una stagione straordinaria, arrivata alla sua prima finale scudetto. Nonostante le rotazioni accorciate dall’infortunio di Maurice Ndour in gara-1, la squadra di coach Giuseppe Poeta ha lottato fino a dove gli è stato possibile, trascinata da un indomito Jason Burnell (24 punti) e dal solito solido Miro Bilan (17 punti). Emblematica della sportività dei bresciani è stata l’immagine del timeout finale, quando coach Poeta ha radunato i suoi giocatori non per uno schema, ma per un discorso di ringraziamento e orgoglio, accolto dalla standing ovation di tutto il palazzetto.   

Un titolo atteso quattro anni: redenzione e un cuore per “Achi”

Questo scudetto ha un sapore particolare per la Virtus Bologna. Non è solo il 17° della sua storia, il settimo dell’era Zanetti, ma è soprattutto il titolo che “spezza l’incantesimo” dopo tre finali consecutive perse tra il 2022 e il 2024, sempre contro la storica rivale Olimpia Milano. La vittoria di quest’anno, tuttavia, affonda le sue radici proprio in quella rivalità. Aver affrontato e battuto l’Olimpia per 3-1 in semifinale non è stato un semplice passaggio del turno, ma una vera e propria catarsi. Superare la nemesi degli ultimi anni, l’ostacolo che sembrava insormontabile, ha rappresentato una liberazione psicologica che ha spianato la strada a una finale giocata con una fiducia e una superiorità mentale schiaccianti. La vittoria su Brescia è stata la conseguenza diretta di quella liberazione.

Il cuore pulsante di questo trionfo, però, batte in una stanza d’ospedale. La notizia della diagnosi di leucemia mieloide per Achille Polonara, ricoverato presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, ha scosso profondamente la squadra e l’intero mondo del basket italiano. Per Polonara, già reduce da una battaglia vinta contro un tumore al testicolo nel 2023, si è aperta una nuova, difficile sfida. La reazione del gruppo è stata immediata e potente. I compagni sono scesi in campo nel riscaldamento di gara-3 indossando una maglia con la scritta “Polonara 33”. I tifosi della Virtus hanno esposto uno striscione toccante: “La vera battaglia da vincere è fuori dal campo. Forza Achille la Nord è con te“. E subito dopo la sirena finale, l’intera squadra si è riunita in cerchio per una videochiamata con il compagno, per dedicargli in diretta il trionfo. In un gesto di straordinaria sportività, l’intero PalaLeonessa, tifosi di Brescia compresi, ha risposto allo striscione con una “commovente ovazione”, dimostrando come di fronte a certe battaglie la rivalità sportiva si annulli in un unico, grande abbraccio di solidarietà.

I protagonisti del trionfo e il sipario sulla stagione

Questo scudetto porta la firma indelebile di coach Dusko Ivanovic. Arrivato a stagione in corso per risollevare una squadra che appariva in crisi, il tecnico montenegrino ha compiuto un capolavoro, diventando il primo allenatore nella storia della LBA a vincere il titolo da subentrato. Per lui si tratta del nono campionato nazionale vinto in cinque Paesi diversi, a conferma del suo status di condottiero di caratura europea.