Di Lapo De Carlo
29 Dicembre 2021
Non era facile immaginare che il 2021 sarebbe stato tanto entusiasmante per l’Inter. Ci si poteva sperare, come quasi ogni anno del resto, non era però immaginabile che ci fosse persino la percezione di un miglioramento tra una stagione e l’altra. L’unica volta che nella storia nerazzurra si era verificata una continuità tra una stagione e l’altra, con ulteriore progresso delle prestazioni, era stato tra la stagione 2008 e 2009, quando al posto di Mancini, che aveva appena vinto due scudetti (e mezzo), si era insediato José Mourinho. Quella era però una rosa stratosferica, con campioni acclarati che stavano aprendo un ciclo e con il portoghese in panchina erano stati fatti altri investimenti.
Negli anni tra il 1952 e il 1953 il doppio scudetto venne raggiunto sempre con lo stesso allenatore (Alfredo Foni), negli anni ’60 con Herrera, negli anni ’70 Bersellini crebbe l’unico progetto fondato su giovani di talento, senza colpi a sensazione dal mercato e culminò con lo scudetto. Negli anni ’80 Trapattoni portò l’Inter al titolo ma non riuscì a bissare e nel 2004 l’arrivo di Mancini riportò l’Inter al prestigio che meritava ma con una squadra che aveva vinto tre Coppe Uefa, senza avere la possibilità di aggiudicarsi il titolo.
I cicli sono stati costruiti dunque negli anni 50, 60 e 2000, mentre nelle altre occasioni il club non è riuscito a creare una continuità.
Questa è la prima volta che una squadra apparentemente indebolita si rivela altrettanto forte e persino più bella.
È, o meglio sarebbe (se vincesse lo scudetto) la prima volta che l’Inter ha in panchina un allenatore che non è una rock star, non crea uno Stato nello Stato e non accentra su di sé la comunicazione.
Inzaghi è un allenatore che sceglie il basso profilo, l’empatia con i giocatori e l’armonia del gioco.
È la prima volta che l’Inter con un presidente distante migliaia di chilometri, impossibilitato a muoversi lascia tanto spazio all’amministratore delegato e, nonostante questo, riesce a mantenere la squadra più che competitiva.
Il calcio, come le cose di questo secolo vorticoso, cambia in fretta, ci si dimentica di quasi tutto e si vive in un eterno presente. Per questo resta difficile ricordare l’esatta scansione delle paure estive e della frustrazione verso l’addio inevitabile di Hakimi, quello impensabile di Eriksen, quello incomprensibile di Conte e quello che sa di tradimento da parte di Lukaku, con il suo agente Pastorello.
A questo proposito è giusto che il bilancio di questa incredibile annata venga fatto mettendo sul tavolo le cose positive e quelle negative. Partiamo da queste ultime:
Tra le cose più brutte di questo 2021 sul podio, con un piazzamento a vostra discrezione, si piazza proprio Lukaku, soprattutto per quella letterina plastificata rivolta ai tifosi, parecchio tempo dopo il suo addio, priva di quell’empatia che aveva ipocritamente messo in scena per due anni, aggiungendo gratuitamente che il Chelsea era la sua squadra del cuore. Pessimo.
La crisi di Suning, le brutte voci sul futuro nerazzurro e il caos Superlega che hanno funestato l’inizio del 2021, in parallelo all’andamento eccellente dell’Inter, sono da mettere insieme. In ultimo la brutta estate in cui piovevano solo notizie orrende e non si capiva cosa sarebbe successo, con i tifosi a reclamare l’impegno della società sotto la sede.
Di positivo c’è tanto, a partire dall’avvio a razzo della squadra già da gennaio, la continuità di risultati, il sorpasso sul Milan, l’inserimento (finalmente) di Eriksen nel centrocampo, dopo averlo messo in vendita, la vittoria meravigliosa nel derby di Coppa Italia e il 2-0 netto sulla Juventus. Il culmine è la conquista dello scudetto, i tifosi fuori dallo stadio a festeggiare, in una situazione borderline per via delle restrizioni covid, il confortante prima ed esaltante poi avvio dell’Inter di Inzaghi, la qualificazione agli ottavi di Champions, i rinnovi di Lautaro e Barella, il sorpasso a Milan e Napoli, quando un mese prima si era sotto di 7 punti e il titolo di Campione d’inverno. È stato un anno incredibilmente intenso che passerà alla storia per le enormi difficoltà che l’Inter ha saputo affrontare grazie ad un’insperata resilienza: ora ci sono le basi per bissare nel 2022.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.