Di Massimo Zampini
9 Settembre 2021
In assenza del campionato è possibile dedicarci alle scriteriate parole di Ceferin e alle vicende che precedono Napoli-Juventus, relative in gran parte ad assenti e presenti, fortuna e sfortuna, regole più o meno sensate, un’organizzazione del calcio da dilettanti – nulla che riguardi la buona o la cattiva fede, dunque – ma immaginate al contrario mettono qualche brivido.
Il presidente dell’Uefa, con il suo fedele alleato a capo dell’ECA Al-Khelaifi, si lascia andare ancora una volta a espressioni poco felici sulla “disgrazia” della Superlega, su Agnelli che sarebbe “scappato dalla nave”, il tutto ribadendo, accanto al boss del PSG, che “il fair play finanziario deve andare verso un sistema più forte che permetta il controllo diretto e la responsabilità finanziaria”.
Ci sarebbe da sorridere, soprattutto sull’elogio delle spese moderate e sostenibili accanto all’Emiro che ha appena comprato mezzo mondo, ma va ribadito ancora una volta un punto che non sempre viene perfettamente compreso e riguarda il ruolo delle istituzioni: Agnelli e Ceferin non sono in una posizione paritaria. Il primo, lasciata l’ECA, rappresenta esclusivamente il proprio club; il secondo è il presidente dell’Uefa, che tra le mille funzioni da monopolista organizza competizioni cui partecipa anche la Juventus (e così il Real e il Barcellona, con risultati solitamente discreti). Ebbene, tra i due, Agnelli quando si espone si limita a ribadire costantemente i drammatici problemi economici del calcio – che rischia di scoppiare – e la necessità di riforme urgenti, auspicando un tavolo di confronto; Ceferin parla di disgrazie, capitani che abbandonano e così via, con linguaggio e contenuti non adeguati. Comportandosi così, manifestando continuamente rancore e poca serenità, dimostra di non essere l’uomo adatto a presiedere l’eventuale e auspicabile tavolo tra club e istituzioni per capire come salvare e riformare il calcio.
Per fortuna abbiamo vicende più prossime e importanti cui pensare: con un punto in due partite e tanti problemi, sabato è in programma Napoli-Juventus. Partita complicata già di suo, essendo gli azzurri decisamente competitivi e noi ancora in evidente difficoltà. Ci si mette però anche la già citata delirante organizzazione e calendarizzazione del calcio – ancor più grave in tempi di quarantene e viaggi complicati – ed ecco che diversi nostri titolarissimi (basti pensare agli esterni titolari di difesa Danilo e Alex Sandro, senza scomodare Dybala e gli altri) arriveranno a qualche ora dalla partita dopo un volo transoceanico. Calcolate che da giorni sentiamo discorsi e preoccupazioni diffuse per la situazione del solo Ospina, portiere azzurro nella stessa condizione dei tanti bianconeri, per capire cosa si direbbe dalle nostre parti se i 5 o 6 titolari assenti fossero dei nostri rivali e le istituzioni calcistiche italiane si fossero mosse (come avvenuto in Liga) per rinviare le partite, evidentemente condizionate da questo folle calendario. Inutile anche immaginare cosa sarebbe accaduto se a tre giorni dal match fosse stata ridotta e dunque cancellata la giornata di squalifica per un attaccante bianconero e non per Osimhen, magari dopo una lunga battaglia portata avanti da qualche quotidiano amico. Quotidiano che ospita parole da brividi sul ritorno di Orsato in partite dell’Inter (con tre incredibili anni di ritardo), ma il livello in Italia è questo e lo sappiamo bene da qualche decennio.
Tutto questo, ovviamente, non ci deve interessare: la Juve di Lippi vinceva anche senza mille titolari, faceva sei gol a Milano con i giovanissimi Vieri e Amoruso, abbiamo ripreso una partita a Napoli con prodezze di Pepe ed Estigarribia, gli alibi non devono certo cominciare proprio ora. La Juve deve capire che squadra sia, o meglio, prima ancora, se sia già “squadra” oppure no.
E allora non ci pensiamo e godiamoci i gol e la freschezza di Kean, un po’ maltrattato al suo arrivo anche perché forse chiunque sarebbe maltrattato se fosse chiamato a non fare rimpiangere i 30 gol annuali di Ronaldo. Moise non ne farà altrettanti, deve limare certi eccessi caratteriali ma è giovane, ha fisico, senso del gol. È cresciuto da noi e qui ha realizzato le sue prime reti. Soprattutto, è il centravanti della Juventus e basta questo per tifare per lui. A partire da sabato sera, ore 18: chi c’è c’è, è il momento di diventare squadra.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"