Di Lapo De Carlo
9 Aprile 2021
La polemica in Italia è una forma d’arte, un sostantivo usato ormai come un saluto, un certificato di esistenza: “polemizzo dunque sono” e praticato con le più svariate motivazioni. L’ultima delle centinaia che si affollano ogni giorno è legata al gioco dell’Inter, criticato improvvisamente anche da una certa parte di tifosi che contestano i fondamentali del gioco di Conte, a partire dalla scelta di rinunciare al possesso e delegarlo agli avversari, chiunque essi siano, come Sassuolo, Bologna o Torino.
Si discute l’apporto di Hakimi e un gioco che secondo i censori di Conte non porta da nessuna parte in Europa. È prima di tutto sorprendente che questo genere di commenti arrivino dopo la decima vittoria consecutiva, aumentando il distacco sul Milan a 11 punti e mettendo quasi al sicuro una sempre più probabile conquista dello scudetto dopo undici anni.
Sono polemiche che oltre ad essere intempestive, risultano incongrue con la realtà dei fatti.
L’Inter per una buona parte di stagione è stata accusata di giocare molto nell’area avversaria, facendo grande possesso palla, non abbastanza produttivo, dominio territoriale e un calcio propositivo che caratterizzava ogni partita con un numero elevato di occasioni da gol, di cui venivano capitalizzate una media di una o due ogni dieci.
Si ragionava molto sulla mancanza di cinismo di una squadra inizialmente sbilanciata, che praticava un 3-4-1-2 ma senza Eriksen (questo si un errore di Conte), deputato a fare il trequartista in un modulo che tollera a fatica il fantasista. L’Inter in Europa è uscita per aver voluto giocare nella metà campo avversaria con lo Shakhtar all’andata e al ritorno, in casa col Borussia e per aver cercato di realizzare la rimonta clamorosa col Real, prendendo il primo gol con la linea dei difensori altissima e la rete del 3-2 in contropiede. In campionato l’Inter ha mantenuto lo stesso atteggiamento giocando molto di più il pallone con Lazio, Atalanta e Milan, ottenendo due pareggi e una sconfitta.
Come Eriksen è entrato nei meccanismi di gioco, il modulo è stato modificato e il possesso palla è stato delegato più agli avversari, l’Inter ha macinato punti, vinto tutti gli scontri diretti e mostrato anche buon calcio con Milan, Lazio e Juventus.
“Gli altri avevano le coppe” è stato detto. In realtà la Juventus ha disputato solo due partite in più e l’Inter aveva già preso il largo, il Milan ha perso con lo Spezia senza le coppe ma è stato oggettivamente affaticato dal doppio impegno nella fase cruciale del Campionato. La questione però è un’altra. La qualità del gioco è scadente ovunque perché i calendari internazionali sono folli. Tra coppe, nazionali e campionati si gioca ogni tre giorni, tra l’altro senza la componente emotiva del pubblico, ma si pretende un grado di spettacolo immutato. Qualcuno gioca certamente meglio dell’Inter ma non sempre e soprattutto perde punti. Ci sono squadre che brillano in qualche partita, poi non riescono (ovviamente) a tenere lo stesso livello in quella successiva e giocano male, magari perdendo.
Il primo gol dell’Inter col Sassuolo è esemplare nella costruzione e altre quattro occasioni non sfruttate nascono dall’organizzazione di gioco che per molti forse non fa rima con bellezza ma è altrettanto (se non più) importante.
La Juventus di questi anni ha vinto scudetti in serie e i suoi tifosi accusavano Allegri di giocare male (che per loro significava in modo poco spettacolare). Ora molti lo rimpiangono ma il concetto fondamentale è che se vogliamo vedere un calcio di alta qualità durante la stagione bisogna ad esempio portare i tornei da 20 a 16 squadre, razionalizzare gli impegni con le nazionali con una riforma seria che non piazzi tre partite in dieci giorni.
I tifosi insoddisfatti è bene che si guardino intorno non soltanto giudicando la propria squadra ma valutando attentamente il contesto. Dopo 11 anni di sofferenza sarebbe bene capire perché si sta vincendo, augurandosi che la tormentata vicenda societaria non distrugga un giocattolo così faticosamente costruito.
Giornalista e direttore Radio Nerazzurra, opinionista a Sport Mediaset e TL, insegno comunicazione in Università e ad aziende. Ho un chihuahua come assistente e impartisco severe lezioni nella nobile arte del tennis ad amici e parenti.