Di Massimo Zampini
8 Aprile 2021
Proprio come in Supercoppa, la squadra si mostra compatta, gioca unita anche nei momenti di difficoltà, va sopra e sa gestire fino al 2-0. Stavolta, con qualche patema post rigore del Napoli, ormai un classico nelle sfide tra bianconeri e azzurri: ci sono tante incertezze, in questa vita così complicata, ma sappiamo che quando ci affrontiamo a un certo punto vedremo Insigne tirare dagli undici metri, per risparmiarci almeno una parte delle lagne abituali che accompagnano questa partita quando le cose non vanno come auspicato dai nostri rivali.
L’attesa infinita si è intensificata ulteriormente in questi ultimi giorni, tra notizie di positività bianconere e l’ottimo stato di forma del Napoli: si gioca, dunque. E non importa più chi ha viaggiato in aereo con dei positivi, non contano i cluster, non rileva più nulla: parola al campo, finalmente. Tra i tifosi juventini serpeggia il legittimo dubbio che la squadra sia ormai sfilacciata, abbia mollato, che già dopo questa partita il quarto posto potrebbe diventare una chimera. In tanti credono che Pirlo non abbia più il controllo dei ragazzi e che Allegri tornerà al posto lasciato due anni fa, forse già al fischio finale. Ma la Juve è comunque la Juve, difficile molli tutto a marzo, quindi chissà.
C’è Buffon, ecco la sorpresa. E io sono per non mettere in dubbio il portiere (meritatamente) titolare, ma vedere Gigi così in forma, partecipe, impegnato a tenere sveglia la difesa, perfetto quando viene chiamato in causa – a 43 anni, in una complessa stagione della squadra sotto ogni punto di vista – insomma, tutto questo spiega bene la differenza tra un campione assoluto come lui e i giocatori normali, forti, anche fortissimi, che però non possono essere Buffon, perché altri come lui non ce ne saranno chissà per quanto.
Danilo ci spiega ancora una volta il motivo per cui dietro, lì sulla destra, abbiamo già un titolare su cui contare, nel prossimo anno, che sarà presumibilmente di grandi cambiamenti in altri reparti. Bentancur e Rabiot fanno un primo tempo da centrocampisti della Juve, cioè con la testa sulle spalle, la voglia di fare pressing, di rubare palloni e distribuirli; nel secondo calano, ma dimostrano che probabilmente lì manca un leader, un grande giocatore di livello superiore, ma intorno non c’è il deserto, se la concentrazione non sparisce all’improvviso. Se Cuadrado fa come sempre mille cose, e non sempre quelle mille cose possono essere eccellenti, dall’altra parte c’è Chiesa, che si sta rivelando – scusatemi per la cautela – un mostro. Di carattere, velocità, tiro, continuità e stavolta perfino assist, perché l’azione che porta al primo gol di Ronaldo, condita dal perfetto passaggio finale, è qualcosa che hanno nelle gambe e nella testa solo i giocatori speciali. E vedremo, arriveranno i momenti difficili anche per lui, magari quando non sarà in grande forma fisica, ma questa sua prima stagione è incredibilmente al di sopra delle previsioni di ogni tifoso juventino (anche fingendo di dimenticare che buona parte della tifoseria lo aveva già bollato come inutile e strapagato: anche a questo siamo piuttosto abituati). E allora corri, Federico, non fermarti: hai tutta una carriera con questa maglia da andarti a prendere.
Quel passaggio finisce sui piedi di Ronaldo, che ha già sbagliato un gol di testa e quindi, da contratto, la seconda chance deve finire all’angolino, quando Meret non ha neanche ancora capito che sia partito il tiro: di prima, apparentemente senza neanche imprimere forza, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Manca qualcosa di importante, però, per la serata che ci meritiamo. Che Dybala finalmente rientri e al secondo pallone della sua partita si trovi lì nella sua posizione, dove lo abbiamo lasciato un anno fa a punire l’Inter, quindi stavolta tocca al Napoli. Come se fosse il gesto più elementare del pianeta per lui. E allora sommergetelo, compagni, non fatelo respirare, così fate capire a lui e a noi che qui non ha mollato nessuno. Che una stagione difficile può capitare, che non si può vincere sempre, ma che l’anno in cui la Juve molla l’allenatore e gli obiettivi a marzo, forse, non è ancora questo. E allora un abbraccio anche a lui, l’allenatore che da giocatore è già parte integrante della storia juventina e da queste parti ci vuole un attimo a diventare oggetto del dileggio a caccia di like.
E non importa dei rigori che non arrivano mai, né tantomeno di quelli negati in altri campi e che portano al gol degli avversari, non importa se un tempo azioni di questo tipo facevano entrare in campo tutta la panchina e virtualmente milioni di tifosi, ancora sconvolti dopo oltre vent’anni, mentre ora “succede”, che sarà mai.
Ciò che importa, l’unica che cosa conta, è che domenica, contro il Genoa, si riprenda da qui e non da quella mollezza vista troppe volte in partite apparentemente abbordabili. Da questa concentrazione, da questa voglia. Tutti uniti, anche nelle difficoltà. Fino alla fine. Si dice così dalle nostre parti, no?
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"