Di Daniele Brogna
Aggiornato: 19 Marzo 2021
Finisce come peggio non poteva il film del Milan in Europa League. Un film iniziato con l’agonia dei rigori infiniti contro il Rio Ave e finito peggio, con Samu Castillejo punta centrale. No, non c’è nessun refuso, non volevo scrivere Rebic, Leao, Manduzkic o Ibrahimovic ma proprio Castillejo. Ammettiamolo, noi rossoneri siamo abituati a questi giocatori adattati in altri ruoli, d’altronde spesso abbiamo giocato con Kalulu centrale difensivo e Davide Calabria in mediana al posto di Kessié. Alla fine della stagione mancano ancora diverse partite, chissà quale sarà la prossima chicca, provo ad indovinarla: Antonio Donnarumma in cabina di regia? Saelemaekers in porta? Tatarusanu terzino di spinta? Diciamo che dopo aver visto Castillejo “falso nueve”, sono davvero pronto a tutto e non mi stupirei più di nulla. Torno serio e dico che nonostante le tante difficoltà stagionali, abbiamo superato i preliminari di Europa League, i gironi, i sedicesimi e siamo approdati così agli ottavi, dove la dea bendata ha ben pensato di far incrociare il nostro destino con quello del Manchester United. Come se la sfiga che ci ha tartassato negli ultimi mesi non fosse stata già abbastanza.
Nonostante i Red Devils siano una squadra attrezzata per la Champions League, il Milan non ha sfigurato affatto, anzi tra andata e ritorno credo meritasse decisamente più degli inglesi di passare il turno. Tornando alla partita di ieri, lo United è partito meglio nel primo tempo e, per i primi 15 minuti circa, ha tenuto il pallino del gioco. A conti fatti però si è reso pericoloso solo in un’occasione con Bruno Fernandes che da ottima posizione ha calciato altissimo.
Pian piano però il Milan è venuto fuori, alzando il baricentro, proponendosi più volte in fase offensiva e sfiorando il goal con Saelemaekers, Theo Hernandez, Calhanoglu e Krunic. La poca lucidità sotto porta e la poca cattiveria hanno rappresentato il minimo comun denominatore di queste azioni rossonere che hanno provocato solo un leggero solletico al portiere avversario Henderson. Una verità del calcio vecchia come il mondo dice che “se non concretizzi, ti castigano” e così è stato. Nel secondo tempo entra l’ex bianconero Pogba che dopo soli 3 minuti insacca sin troppo facilmente, agevolato da Meitè che non spazza il pallone e Gigio Donnarumma che non copre benissimo il primo palo. Dopo questa doccia freddissima, entra finalmente Zlatan Ibrahimovic, di certo non al top, ma pur sempre utilissimo alla causa rossonera. Ibra inizia a fare Ibra mettendo in apprensione tutta la difesa avversaria con sponde, sportellate, tocchi di prima e movimenti da prima punta vera. L’occasione che poteva cambiare le sorti del match arriva a quindici minuti dalla fine quando Calhanoglu, impalpabile fino a quel momento, mette dentro un cross con i giri perfetti ma Henderson dice di no al colpo di testa ravvicinato e potente del nostro numero 11. In quel momento ho capito che non era serata e quindi ogni mia speranza si è spenta definitivamente. Questo forse non l’ho capito solo io ma anche la squadra stessa che negli ultimi minuti era visibilmente scarica e scoraggiata, non riuscendo di fatto a creare nulla fino al triplice fischio finale.
Ora però non è il momento di piangersi addosso: testa, cuore e gambe devono andare al campionato per blindare questo maledettissimo posto in Champions League che tanto meritiamo. Sia chiaro, il fatto di meritarlo non basta per ottenerlo e la doppia sfida con il Manchester United ne è la prova lampante.
Per concludere nel migliore dei modi questa stagione, bisogna però recuperare il prima possibile tutti gli infortunati e tutti gli acciaccati. Sogno un finale di stagione con la squadra al completo, chiedo troppo?
Sono convinto che solo uniti possiamo raggiungere la zona Champions League, unico vero obiettivo stagionale. Sì, ogni tanto mi piace sottolinearlo perché spesso lo si dimentica.
Salentino trapiantato a Milano. Content Creator di professione, sex symbol nel tempo libero. Tra le mie passioni più forti: seguire il calcio in chiave ironica e parlare di me in terza persona.