Di Gabriele Borzillo
8 Febbraio 2021
In una domenica che dice poco, facciamo nulla, nella lotta al vertice, ci piace sottolineare il cammino di una società storica del calcio italiano, fino a un mese fa impelagata letteralmente nella lotta per non retrocedere. Preziosi, il suo presidente, decide che basta, che non si può andare avanti in quel modo: squadra sfilacciata, prestazioni al di sotto della sufficienza – molto al di sotto in alcune circostanze – con relativa crisi identitaria, gruppo non coeso, baratro (calcistico, sia chiaro) a un passo.
Così chiama lui, l’uomo buono per tutte le stagioni in casa Genoa: Davide Ballardini da Ravenna, l’allenatore dei sogni 2018, dopo che nel 2017 quel riconoscimento, importante nel mondo pallonaro, era andato a Rolando Maran, l’uomo del quale prende il posto sulla panchina del Grifone. Sì, forse il Genoa non gioca un calcio scintillante, non ti stropicci gli occhi guardandolo in campo, ma sa esattamente quel che vuole e tutti, proprio tutti, corrono, lottano, aiutano il compagno in difficoltà. Perché questo è il calcio: un orchestra che deve muoversi in sincrono: poi ci potrà essere il solista ma il solista, senza l’orchestra, non può fare un concerto.
Delle ultime 5 partite Ballardini e il Genoa ne hanno vinte quattro pareggiandone una: solo la Lazio (ieri sera tre punti senza particolari acuti grazie al solito Immobile, cecchino biancazzurro, contro il Cagliari che continua a essere inguaiato come peggio non si potrebbe) ha fatto meglio, cinque su cinque. Nemmeno Milan, Inter e Juventus, giusto per citare le prime tre della classe, hanno emulato i rossoblù.
Eroi e antieroi: Andrea Belotti da Calcinate, provincia di Bergamo, per tutti semplicemente “il Gallo”. Minuto 33 di Atalanta-Torino con la Dea sopra tre a zero, Belotti frana a terra al limite dell’area di rigore orobica. Inciampa, nulla di che, ma l’arbitro non può vedere, la sensazione che ha (e che abbiamo avuto tutti in diretta) è di uno sgambetto di Romero ai danni dell’attaccante granata. Cartellino giallo per il difensore neroblù e punizione: il Gallo però segnala al direttore di gara che no, lui è semplicemente inciampato, nessun contatto.
Fourneau chiede lumi, il VAR conferma, la palla torna all’Atalanta e Belotti insegna, a chi fa uso del campo a guisa di piscina che, pensa tu, si può persino giocare senza lanciarsi o simulare. Il Toro pareggia, alla fine, compiendo una rimonta capolavoro. E Belotti deve esporre con fierezza la fascia da capitano che porta sul braccio. Il punto strappato a Bergamo muove leggermente la classifica granata ma, di certo, regala certezze e consapevolezza della propria forza alla squadra di Davide Nicola.
Dall’altra parte Gasperini nonostante tutto è sempre in corsa per un posto Champions ma i suoi devono imparare a gestire alcune situazioni di gioco: non è la prima volta in questa stagione che gettano al vento punti importanti.
Il resto della giornata ha certificato la crisi profonda del Parma, la zona salvezza non è lontana ma è l’involuzione totale dei calciatori a preoccupare i tifosi ducali, e confermato l’ultimo posto in classifica del Crotone. Per i calabresi cinquanta gol subiti in ventuno partite, una media di quasi due reti e mezzo ogni novanta minuti, a fronte dei ventidue gol fatti: così, in serie A, non si va lontano.
Davanti, lo scrivevamo in apertura, poco da segnalare. Vince il Milan che rifila quattro gol al succitato Crotone, dei quali tre nel secondo tempo, in sei minuti, senza però incantare: perché, va detto, i primi quarantacinque minuti rossoneri sono stati deficitari e, con ogni probabilità, di fronte ad altre squadre il Diavolo avrebbe rischiato lo svantaggio.
Vince l’Inter, oltretutto a Firenze, campo storicamente ostico ai colori nerazzurri. Vero, i Viola erano rabberciati, regalare in un solo colpo Castrovilli, Ribery e Milenkovic è già complicato contro chiunque, figuriamoci contro la seconda in classifica, ma gli uomini di Antonio Conte hanno rischiato pochissimo, solo un’occasione in novanta minuti, doppia parata dell’Handanovic ritrovato, e condotto le danze seguendo tempi e ritmi consoni, probabilmente risparmiando energie preziose anche in vista dell’impegno di domani sera a Torino.
Ecco, la Juve non brilla nemmeno nel successo con la Roma. Ma gioca da Juve: cinica, compatta, concede poco e ottiene molto grazie a un attacco di valore assoluto nel panorama calcistico europeo e non solo. Per i giallorossi buona volontà ma, alla fine della fiera, tanto fumo e arrosto zero.
Il Napoli che perde non fa notizia, la situazione in casa azzurra è pesante, allenatore e società sembrano separati in casa e lontani anni luce, così come non fa notizia la sconfitta interna del Sassuolo, che sta disputando un campionato dignitoso ma sembra aver abbandonato velleità europee.
Bene l’Udinese e, a completare la giornata, altri due punti buttati dal Benevento di Pippo Inzaghi, rimontato dalla Samp a dieci minuti dalla fine.
A settimana prossima, con Napoli-Juve e Inter-Lazio. Hai detto poco.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.