Di Gabriele Borzillo
10 Luglio 2020
Turno infrasettimanale caratterizzato dagli scivoloni di chi sta davanti. La Juventus, approfittando della sconfitta laziale in quel di Lecce – al di là delle occasioni avute l’undici di Simone Inzaghi ha palesato una flessione di rendimento piuttosto evidente, magari solo incidente di percorso ma, sommato alla prestazione incolore e imbarazzante offerta contro il Milan, la situazione inizia a destare qualche preoccupazione – ha deciso di scendere in campo al Meazza con la testa altrove. Non ricordo, a memoria, uno zero due ribaltato in cinque minuti alla difesa bianconera: Bonucci e Rugani non pervenuti, la squadra ha davvero dato la netta sensazione di aver staccato la spina dopo il raddoppio di Cristiano Ronaldo e con la vittoria in tasca, agevolando i rossoneri che non saranno il Liverpool o il Real Madrid ma sono pur sempre giocatori di una certa caratura e, se sottovalutati, possono farti male. L’augurio, per Sarri, è che i suoi ragazzi abbiano capito e compreso la lezione del Meazza evitando in futuro pericolosi black out, soprattutto quando si tratterà di partite per l’Europa che conta.
La curiosità sta nel vedere come reagiranno i bianconeri attesi dalla sfida con una delle più dirette inseguitrici: intendiamoci, il distacco dell’Atalanta da Madama è oggettivamente incolmabile sulla carta, ma Gasperini e i neroblù bergamaschi non hanno nulla da perdere allo Stadium, dove andranno con la consapevolezza di poter giocare a mente sgombra e senza la minima pressione, tutta sulle spalle juventine. Oddio, non è che nelle ultime due giornate l’Atalanta abbia incantato, anzi: ma gli orobici corrono, poi corrono, poi ancora corrono. Soprattutto, perché la differenza è questa, corrono sapendo dove andare e cosa fare: mentre la Juve, al contrario, non ha mai dato l’impressione di essere quella macchina quasi perfetta delle passate stagioni.
A proposito di corsa: Antonio Conte ci racconta, in maniera corretta, che la sua Inter corre tanto, più di tutti dalla riapertura del torneo. Vero, ci sono dei dati ad avvalorare la tesi del tecnico di Lecce. Ma l’idea sostanziale è che i nerazzurri corrano male, spesso secondi sul pallone e altrettanto spesso senza coprire correttamente tutte le zone del campo. Quindi, sebbene le statistiche raccontino una storia ben diversa, veder giocare l’Inter non trasmette l’impressione di aver a che fare con una formazione ben messa sotto l’aspetto fisico. Il modulo contiano, ripetitivo e ormai conosciuto a chiunque, sia che si tratti del 3-5-2 o del 3-4-1-2, non può prescindere dall’avere interpreti capaci: perché quelli attuali, probabilmente idea del tutto personale, mi sembra fatichino più del necessario e l’Inter, nonostante riesca a creare – pur giocando male – un discreto numero di occasioni, rischia di beccare su ogni ripartenza avversaria. Il centrocampo, in perenne difficoltà, e per le numerose assenze e per un discorso meramente numerico, quasi sempre messi in minoranza dall’avversario, filtra poco e male. Lunedì sera, a Milano, sarà di scena il Toro di Belotti, un nome accostato spesso e volentieri ai nerazzurri, bisognoso di punti e certezze dopo il brodino rimediato nella sfida col Brescia, ormai definitivamente in vacanza.
Perde il Parma a Roma, sponda giallorossa, battuto più dalla prodezza di Veretout che non da un gioco brioso e spumeggiante degli uomini di Fonseca, salutando forse definitivamente il sogno continentale. Vince convincendo, al contrario, il Napoli, mettendo il Genoa in una situazione di classifica piuttosto grave. Non è tanto perché i rossoblù, chiudesse oggi il campionato, sarebbero retrocessi in cadetteria: si tratta, piuttosto, di un regresso notevole e di rendimento e di prestazioni. Manca, almeno questa è l’idea vedendo da fuori, il furore agonistico, la rabbia sportiva, la voglia di battersi fino all’ultimo secondo, come se tutto fosse già scritto e dovesse andare così. Domenica il Grifone è atteso da una sfida importante, quasi da ultima spiaggia, contro la Spal: occorrono tre punti, senza se e senza ma.
Infine colpo dell’Udinese la quale, a proposito dell’appena citata Spal, sbanca Ferrara con un De Paul in splendido spolvero e raggiunge acque decisamente più tranquille da navigare.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.