Per la NBA quello di quest’anno è un “compleanno” atipico. Nata a New York 74 anni fa, il 6 giugno del 1946, con il nome originario di BAA (Basketball Association of America), la principale lega americana di basket professionistico si trova a vivere giorni che, per la loro straordinarietà, sono destinati a costituire un capitolo inedito nella storia della lega: l’emergenza globale dell’ultimo periodo ha messo in pericolo per la prima volta la conclusione della stagione (seppur con modalità differenti, solo il lungo lockout del 1999 aveva rappresentato un rischio concreto di una stagione senza gare), anche se negli ultimi giorni il board Nba sembra essere giunto ad una bozza di programma per la ripresa delle attività.

Il Commissioner Adam Silver ha messo sul piatto un piano, a cui i proprietari delle franchigie avrebbero dato un determinante parere favorevole, che prevede l’utilizzo dell’Espn Wide World of Sports Complex di Disney World, a Orlando, come sede per tutte le partite mancanti per portare a termine la stagione. A seguito di una fase “cuscinetto” che permetta agli atleti stranieri di rientrare negli Stati Uniti e di osservare l’obbligatorio periodo di isolamento, lo start alle gare dovrebbe essere fissato per il 31 luglio. Si inizierà a ritmo serrato per concludere le 88 partite mancanti al termine della regular season. Gli impianti per la ripresa degli allenamenti (anche questi nella location di Orlando) saranno agibili a partire dal 30 giugno, giorno in cui quindi l’NBA conta di ripartire con gli allenamenti di squadra.

La Storia della Nba

In principio era la BAA, la prima lega professionistica americana, che vedeva concorrere per il titolo nazionale appena 11 squadre. Il cambio di denominazione in NBA avviene nel 1949, a seguito della fusione tra BAA e la lega “rivale”, ovvero la National Basketball League, la cui influenza era forte sopratutto nel Midwest. La lega diventa quindi a pieno titolo di rappresentanza nazionale e vede la sua prima fase di forte sviluppo (il numero delle franchigie salì da 11 a 17).

Gli anni ’50 sono fondamentali sia dal punto di vista delle innovazioni regolamentari – è di quel periodo l’introduzione della regola dei 24 secondi di possesso per ogni azione offensiva, che sarà determinante per rendere più spettacolari e dinamiche le gare – sia dal punto di vista dello sviluppo di una nuova cultura sportiva: in un paese fortemente segnato dalla discriminazione razziale, la NBA si distingue per la promozione di un modello multiculturale che contribuisce ad abbattere le barriere di diversità: esordiscono i primi atleti afroamericani, quali Chuck Cooper dei Boston Celtics, Earl Lloyd dei Washington Capitols e Nat “Sweetwater” Clifton dei New York Knicks.

Gli anni ’50 e ’60: i Minneapolis Lakers e i Boston Celtics

Dal punto di vista sportivo i ’50 sono gli anni della prima grande dominatrice, i Minneapolis Lakers, vincitori di 5 titoli dal 1948 al 1954, capitanati dal centro, futuro Hall of Famer, George Mikan. Il tramonto della prima egemonia dei Lakers, franchigia che nel 1960 si sposterà da Minneapolis a Los Angeles, giunge a seguito dell’insediamento della nuova regina della NBA, la squadra destinata a imperversare nella decade dei ’60 e a diventare la più titolata della lega: i Boston Celtics. I Celtics dominano incontrastati vincendo 11 titoli in 13 stagioni (dal 1956 al 1969) guidati da Bill Russell, che con Wilt Chamberlain darà vita ad una delle rivalità più accese della storia di questo sport.

Larry Bird, Magic Johnson e Michael Jordan

Gli anni ’70 sono gli unici in cui non emerge un “padrone”, con il titolo che passa di franchigia in franchigia ogni anno: Bucks, Lakers, Knicks, Celtics, Warriors, Celtics, Blazers, Bullets e SuperSonics. L’anno più significativo è senza dubbio il 1979 per due fattori. Il primo è regolamentare, ovvero l’introduzione della linea dei 3 punti, il secondo è sportivo: in quell’anno esordiscono due nuovi rookie, Larry Bird e Magic Johnson, i due giocatori che insieme a Kareem Abdul-Jabbar segneranno gli anni ’80 con i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers.

Esordisce nel 1984, ma si insedierà sul trono negli anni ’90, il giocatore universalmente riconosciuto come l’icona di questo sport, l’unico in grado di oscurare con la propria immagine la NBA stessa: Michael Jordan. Con i Chicago Bulls vince 6 titoli tra il 1991 e il 1998, espressione di una delle squadre, quella composta insieme a Scottie Pippen e Dennis Rodman tra gli altri, tra le più forti di sempre.

Il salto fino ai giorni nostri è un cielo costellato di campioni: i Lakers di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal, gli Spurs di Tim Duncan e Manu Ginobili, i Mavericks di Dirk Nowitzki, gli Heat e i Cavaliers di LeBron James, i Warriors di Stephen Curry, Kevin Durant e Klay Thompson.

L’insediamento di quello che sarà il nuovo re è una storia tutta da scrivere… e ora sta finalmente ricominciando.