Di Massimo Zampini
14 Maggio 2020
Per uno juventino di Roma, la Lazio è l’ultima delle rivali. La ragione è semplice, anche se non sempre compresa fuori dalla Capitale: in città è largamente predominante la tifoseria giallorossa, piuttosto rumorosa, i nostri principali amici sono spesso romanisti e la tacita “alleanza” tra bianconeri e biancazzurri è una sorta di reazione inevitabile, consci di cosa voglia dire, quella volta ogni X anni, vedere per mesi la città dipinta di giallorosso, con muri colorati, feste, finti funerali, cori, canzoni e così via.
Per questo e solo per questo il 14 maggio del 2000 è il giorno di una sonora, dolorosa e inaspettata sconfitta ma non rappresenta, ai nostri occhi, una data nera come ad esempio le nostre finali perse o il famoso 5 maggio degli interisti, sconfitti (basti vedere i continui post di Materazzi sul tema) nel giorno della festa degli odiati rivali.
Lasciate perdere i gemellaggi tra tifoserie organizzate, come quelle tra Lazio e Inter, che nascono da motivi di altro genere: a Roma vi è da sempre una tacita alleanza, mai dichiarata, talvolta mal sopportata, spesso negata, tra laziali e juventini.
La premessa è d’obbligo per due motivi: intanto, per comprendere il motivo per il quale anche questo finale di campionato, se finale di campionato vi sarà, personalmente non mi rende particolarmente teso e insopportabile, come avviene in altri rush finali ben più temuti.
C’è ancora l’Inter in ballo, ecco, il che è sempre fastidioso, ma se il titolo sarà conteso tra le due squadre attualmente ai primi due posti, lo vivrò con la giusta e sana tensione, senza ansie particolari.
Il secondo motivo è che, espressa tutta la mia “non antipatia” per la Lazio, bisogna essere onesti e dire che ahimè anche i biancocelesti, solitamente poco propensi alla lamentela contro il fantomatico Palazzo, quando c’è la Juve di mezzo talvolta assumono i comportamenti spesso attribuiti ai cugini romanisti (si pensi alle mille parodie laziali sul go’ de Turone, simbolo ai loro occhi dell’atavico vittimismo romanista).
Così, tornando a quel 14 maggio, non è possibile dimenticare il clima creato in settimana, tra cortei in Via Allegri, poi all’AIA e sereno maxistriscione “spareggio o guerra” per il gol annullato a Cannavaro la domenica precedente, nato da un calcio d’angolo che non c’era e reso come al solito unico episodio che ha deciso un campionato dal solito contesto mediatico che conosciamo bene. Indimenticabile la puntata del processo del lunedì, che nella comica ricostruzione storica post calciopoli è diventato un tempio per gli juventini, mentre, per chi ricorda quei giorni, era teatro delle peggiori invettive gridate dal mio amico Franco Melli e altri colleghi contro la Juve e, rieccoci, il Palazzo. La domenica, appunto il 14 maggio, ecco il funerale per celebrare la morte del calcio, prima di decidere se andare a vedere Lazio-Reggina o meno, tanto questo sport non è più uno sport.
Ci hanno pensato la pioggia torrenziale, un campo impraticabile, l’incredibile gestione della situazione da parte di Collina, la mediocre (l’ennesima in quel periodo: ecco perché perdiamo lo scudetto, non certo solo per le pozze d’acqua) partita giocata dalla Juve a far rinascere il magico mondo del pallone: improvvisamente tutto ok, festa dello sport e viva chi ha vinto, come sempre quando non vince chi sappiamo.
E la Lazio, sia chiaro, squadra meravigliosa e zeppa di campioni, lo scudetto lo avrebbe meritato anche di più l’anno precedente, nel quale solo un incredibile serie di episodi (tra cui un gol di Ganz in un surreale Milan-Samp, ma i laziali ricordano anche un arbitraggio poco fortunato in Fiorentina-Lazio con l’arbitro Treossi alla penultima) assegnò lo scudetto ai rossoneri. Ma come sapete, gli episodi sono davvero scandalosi e decisivi solo in un caso, non certo se il titolo è conteso tra Lazio e Milan o Roma e Inter.
Tutto questo per ricordare il 14 maggio, ma anche per prepararci a questo finale, avviato non nel migliore dei modi dai rappresentanti laziali che, sin dal primo giorno, hanno cercato di forzare la ripresa, alludendo addirittura a qualche manovra juventina. Insomma non siamo ancora a via Allegri, il calcio non è ancora morto, ma non si sa mai, prima stiamo a vedere se davvero si riprenderà. E poi, tornati in campo, chi sarà a prevalere. Le regole, ormai, le dovreste conoscere: a seconda del vincitore sapremo se, per mezza Italia, avrà trionfato lo sport oppure no. In bocca al lupo alle splendide contendenti di questo campionato, allora, compresa l’Inter ma soprattutto la stupenda Lazio di Simone Inzaghi, straordinaria sorpresa dei primi mesi di calcio.
Ma ricordiamo il clima di quella settimana pre 14 maggio e di mille altri giorni avvelenati e cerchiamo di non illuderci, sempre consci di quanto già scritto nelle scorse settimane: ne usciremo cambiati, è possibile, ma certamente non migliori.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"