Di Massimo Zampini
7 Maggio 2020
Avete presente quella storiella sul genitore juventino, la cui principale preoccupazione nel rapporto con suo figlio, ormai quasi adolescente, non è tanto quella di spiegargli le difficoltà che lo aspettano nella vita sul lavoro, con gli amici o in amore, ma trovare un modo per raccontargli che il campionato non è come l’amichevole di Villar Perosa, in cui vince necessariamente la Juventus, e quindi un giorno, vicino o lontano dovrà vedere festeggiare altri?
Otto anni sono tanti, davvero troppi, e i risultati li possiamo vedere consultando alcuni giornali e social pressoché quotidianamente, tra scandali, audio spariti e mai, dico mai, uno che dica: però, questi odiosi della Juventus, quanto sono stati forti a rinascere dalle loro ceneri e a tornare ai livelli di prima, anzi ad arrivare a livelli di dominio mai raggiunti nei 120 anni precedenti.
Ecco, se dovessimo scegliere un mese simbolo di questi anni di egemonia assoluta, quello sarebbe indiscutibilmente maggio.
Non trascorre giorno senza che ci venga in mente un ricordo, una festa, un’impresa. E non serve tornare a quel giorno magico del 2002, lo scudetto più incredibile forse solo dopo la follia romanista all’Olimpico nel 1986 contro il Lecce già retrocesso e in svantaggio 1-0 dopo pochi minuti, perché il titolo più bello di sempre è un altro: il primo di questi 8 di fila.
A maggio, a dire il vero, c’è stata anche la paura più grande, quell’errore di Buffon non da Buffon, con regalo al Lecce a 5 minuti dalla fine, con tanto di successiva/e notte/i insonne/i e terrore di buttare tutto così, la rinascita dopo Calciopoli, l’addio vincente di Alex, tutto ciò in cui avevamo ormai cominciato a credere anche se non avevamo ancora osato dircelo ad alta voce.
Invece no, era solo un incubo: si gioca quattro giorni dopo e vinciamo bene, mentre i nostri rivali non riescono nemmeno ad approfittare del centesimo rigore stagionale (ah, quanto conta sapersi vendere, far credere al mondo di avere perso un torneo per un errore arbitrale contro quando ne hai avuti dieci a favore) per fare punti nel derby. Lo scudetto più bello di sempre perché del tutto inaspettato a inizio stagione, perché concluso senza una sconfitta, perché giocavamo contro chi era più forte e ricco di noi, perché vinto grazie allo juventinissimo Andrea Agnelli e con lo juventinissimo Antonio Conte, quando da qualche anno avevamo bisogno esattamente di queste due cose: la vittoria e il ritorno alla juventinità che piace a noi, quella che gli altri trovano arrogante.
Altro che la Juve simpatica degli anni precedenti, rieccoli tutti con la bava alla bocca: così comincia un ciclo, anche se quel giorno non lo capiamo ancora. Poi c’è da festeggiare l’addio di Del Piero e, siccome si parla del giocatore più amato, dev’essere una festa in grande stile, dobbiamo ridere e dobbiamo piangere, dobbiamo spellarci le mani per gli applausi e restare senza voce, dobbiamo alzare un trofeo e commuoverci vedendo Alex segnare ancora una volta, l’ultima volta. Accade tutto questo, nel giorno più bello dello scudetto più bello.
Ma la cosa più incredibile, appunto, è che lì ancora non sappiamo che ne vinceremo altri 7 di fila e fa quasi sorridere scriverlo, tanto è assurdo che sia accaduto davvero.
Altri 7 giorni di maglie celebrative, champagne e spumante, di bus per Torino o comunque di feste allo stadio con Benatia e Bendtner che provano a rendere la loro giornata ancora più indimenticabile, i boati per chi ha dato tanto, per chi saluta, per chi è arrivato da poco, lo speaker che dice il nome e noi che non vediamo l’ora di urlare il cognome, come un atto di ringraziamento collettivo per l’ennesima grande stagione, e allora ciao Alex con le lacrime, siuuuu col sorriso e così via.
Maggio con le feste per lo scudetto dopo la paura delle squalifiche a Conte, dopo er go’ de Osvaldo, dopo i tremori estivi per il cambio di allenatore, dopo la rimonta più assurda di sempre, dopo gli scudetti persi in albergo, maggio con lo scudetto vinto un mese prima, ma ormai siamo abituati talmente bene che qualcuno quasi non si ricorda più quanto sia straordinario vincere, rivincere e poi rifarlo per l’ottava volta di fila.
A maggio il mondo è bello, invitante di colori, anche perché a maggio da un bel po’ festeggia solo la Juve, tante volte pure in Coppa Italia, come a dire che dopo Calciopoli, una volta tornati, quando ci va ci prendiamo pure quella, di cui non c’era mai fregato niente.
E quel papà cominci a pensarci, qualcosa dovrà dirgli, perché suo figlio deve sapere che non è scontato e capire che è diventato tifoso vivendo un periodo irripetibile, che a sua volta racconterà ai suoi discendenti. Che vivranno altri maggio così, con noi che brindiamo e gli altri, esausti, che cambiano canale cercando un nuovo complotto come alibi.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"