Il 7 luglio 2019 Dani Alves è in mezzo al campo dello Stadio Maracanà e intorno a lui il popolo verdeoro sta impazzendo di gioia: il Brasile ha appena vinto la Copa America in casa propria, 3-1 in finale con il Perù e lui, Alves, ritirando il premio di miglior giocatore del torneo sfodera a favore di camera quel suo tipico sorriso a 32 denti, in genere seguito da una faccia buffa come a dire “guarda, faccio questo da sempre, vinco da sempre, e continuo a divertirmi un mondo”. A ben guardare ne ha ben d’onde: quello che sta per alzare al cielo è il 43esimo trofeo della sua carriera, una carriera la cui sintesi ultima è piuttosto semplice: Dani Alves è il giocatore più vincente della storia del calcio.

43 trofei conquistati

Il grande trofeo internazionale, vinto in casa, per un giocatore di 36 anni sembra la cornice perfetta per un’uscita di scena da film, ma quella bacheca strapiena ha un posto vuoto e Alves lo sa. Ci sono le 3 Champions League e le 3 Coppe del Mondo per Club vinte col Barcellona, le due Coppe Uefa vinte col Siviglia, tutto ciò che si possa vincere in Spagna, portato a casa durante il dominio blaugrana, tutti i trofei nazionali di Italia e Francia, conquistati con le maglie di Juventus e PSG e c’è anche il record di 7 competizioni ufficiali conquistate nello stesso anno solare, quando nel 2009 vinse Liga, Coppa del Re, Champions League, Supercoppa di Spagna, Supercoppa UEFA e Mondiale per Club con il Barcellona e la Confederations Cup con la maglia del Brasile.

Ma manca lei. Lo disse un giorno a Gigi Buffon sotto la doccia, dopo un allenamento: “Gigi, sono geloso della tua Coppa del Mondo. Darei le mie e le Champions per quella”

In quella bacheca manca solo la Coppa del Mondo. Non ha potuto giocarsela in Russia, fermato da un infortunio al legamento del ginocchio sinistro, un mese prima dell’inizio del torneo, in un’edizione in cui il Brasile poteva avere, in potenza, l’organico giusto per spendere le proprie carte per la vittoria finale. Una defezione che è rimasta come un sospeso da colmare. Ecco quindi che Alves, dopo la vittoria in Copa America, cerca un progetto che gli consenta di arrivare, in condizione e continuità di gioco, al 2022, per la Coppa del Mondo in Qatar.

Si svincola quindi dal Paris Saint Germain, una pratica, quella di interrompere il rapporto con le squadre (lasciando scadere i contratti o risolvendoli anticipatamente), decidendo da sé il proprio destino, che per il giocatore brasiliano è un marchio identitario: in carriera il suo cartellino ha mosso “solo” 35 milioni di euro, una cifra irrisoria nel calcio degli anni 2000, specie se applicata ad uno dei terzini più forti di sempre. Libero, può scegliere in autonomia da dove partire all’inseguimento dell’ultimo tassello del puzzle, optando per il suo posto del cuore: il San Paolo.

Al San Paolo con il 2022 nel mirino

Nell’agosto del 2019 alla sua presentazione allo stadio Morumbi sono più di 20.000 i tifosi accorsi per vederlo indossare per la prima volta la maglia paulista. Sceglie la numero 10, un numero simbolico per chi da giovanissimo ha iniziato la propria carriera proprio da trequartista, per uno che poi il ruolo l’ha cambiato, ma l’estro improvvisatore tipico di chi gioca in quella posizione non l’ha mai lasciato.

Quella maglia numero 10 gliela porge Kakà e, indossandola, Dani Alves prende la parola: “Ho sognato questo momento ed è arrivato. E’ la prima volta che ricevo una maglia da una squadra di cui sono tifoso”. Ed è come se un ponte concettuale unisse finalmente le due sponde della sua vita calcistica, quella sudamericana e quella europea, per lui che fin da bambino, svegliandosi all’alba per andare a lavorare i campi col padre contadino, aveva sognato di indossare un giorno i colori rossoneri.

Per raggiungerli ha fatto il giro lungo, partendo per l’Europa a 19 anni. E’andato al di là del mare, ha preso tutto ciò che il mondo del calcio aveva da offrire, si è affermato come il terzino destro della sua generazione, ridefinendo negli anni di massimo splendore al Barcellona gli standard del ruolo.

E infine, ma non sarà questa la fine, ha fatto ritorno a casa da fuoriclasse affermato, diventando il giocatore più pagato del campionato brasiliano (con uno stipendio annuale di 1,5 milioni di real, 337.000 euro) e un solo obiettivo all’orizzonte: raggiungere l’unica cosa che ancora gli manca, metterla su una bacheca strapiena e prendere atto che tutto, ma proprio tutto, quello che c’era da fare Dani Alves lo ha fatto.