Di Massimo Zampini
26 Marzo 2020
Sono giorni strani, lo sappiamo tutti. Chiusi in casa a cercare nuove piattaforme per distrarci e chattare meglio con gli amici all’ora dell’aperitivo, giorni di camicie sopra il pigiama, tanto sotto chi mi vede, di uscite contingentate solo per esigenze primarie con mascherine e guanti, di serie tv (in una settimana ne ho viste tre, dalla gelida Valhalla al tormentato Freud).
Di ricerca di leggerezza anche quando è più difficile trovarla.
Giorni senza calcio, senza Juve, ma bisogna pure passare il tempo aspettando le cose serie e drammatiche come le conferenze stampa con bollettini di guerra quotidiani, e allora via alle live da casa su ogni sito o profilo social, con gli ospiti in difficoltà nel dire di no perché i classici “sarò in treno, in aereo, al lavoro, a un pranzo importante” pian piano reggono sempre meno. So che sei a casa, sai che sono a casa: ti va di intervenire a quell’ora? Obiettivamente difficile dire di no.
E allora si chiacchiera di passato e di futuro: la partita più bella, il giocatore con cui sono cresciuto, Sarri resterà?, Resteranno Ramsey e Rabiot?, e così via, fino all’unico tema teoricamente d’attualità: “e ora che succede? Si torna a giocare o no?”.
E la risposta, fateci caso, a testimonianza del nostro involontario egoismo, pur se con lodevoli eccezioni varia a seconda della squadra per cui si fa il tifo: lo juventino rigetta sdegnato l’ipotesi playoff; il laziale vuole finire il campionato anche a costo di giocare in piena notte ad agosto (“tanto il virus se sta a ritira’”, rassicura il dott. Lotito, supportato dal suo team di ricercatori e medici di prima qualità, mica come quelli con cui parliamo noi comuni mortali); l’interista accetta tutto tranne l’assegnazione all’attuale capolista (sarebbe un titolo falsato, no?); il romanista dice con aria assorta “lo dico contro i miei interessi visto che sono quinto e potrei arrivare in Champions League, ma ormai la stagione va sospesa”, sperando che l’interlocutore si scordi quale rischio clamoroso stia correndo, altro che ingresso o meno in Champions League; poi una serie di indifferenti fino alla zona salvezza, in cui chi oggi sarebbe salvo afferma convinto che sarebbe meglio finirla qui, mentre chi al momento retrocederebbe invoca – per la regolarità del campionato, eh! – quantomeno i playout. Per non parlare dei tifosi del Benevento, cui va bene tutto, dalla sospensione definitiva alla prosecuzione del campionato, ma non altre formule che metterebbero in discussione un primato mai in discussione.
Ma noi siamo tifosi e quindi vi chiediamo di capirci e perdonarci, se siamo un po’ faziosi anche ora. Si fa più fatica a capire alcuni media sportivi che – al contrario di altri loro omologhi che hanno scelto una linea sobria – evidentemente ritengono di supplire all’assenza di notizie e a un comprensibile e inevitabile calo di attenzione al calcio con un approccio velenoso che non aiuta a portare serenità: ecco allora che la Juve rappresenta il male anche in un periodo così, con le illazioni sul mancato rimborso ai tifosi per Juve-Inter (falso, per chi ha acquistato il singolo biglietto), con gli juventini che partono untori irresponsabili in fuga mentre gli altri tornano “per ricongiungersi con le proprie famiglie con l’ok della società”, con “Ronaldo prende il sole in piscina: è polemica” (polemica di che?), “crolla il titolo in borsa: svanito l’effetto Cristiano Ronaldo” (così, tanto per dire una fesseria anche in tempi drammatici di risparmi bruciati per milioni di azionisti praticamente di ogni società e compagnia in questo momento) e così via, un fondo e un editoriale dopo l’altro, partendo dal presupposto che ovviamente solo i playoff potranno salvare questo calcio stantio ormai da troppi anni, diremmo quasi nove.
Ecco, lasciamoli perdere, premiamo i media più sobri e continuiamo a vivere questa vita strana tra bollettini tragici e aperitivi per dimenticare, live sulle varie piattaforme con gli ospiti a corto di scuse, voglia di decidere se riponiamo più speranza in Ramsey o Rabiot, di capire se servirebbe di più un Pogba o un Sancho, un centravanti o un centrocampista, se Demiral e de Ligt sono già pronti come eredi di Bonucci e Chiellini, che pure non hanno nessuna intenzione di mollare.
Esattamente come tutti noi, che cerchiamo di divertirci con gli aperitivi mostrando un bicchiere agli amici, e per piacere non fraintendete, perché non è certo menefreghismo ma solo provvidenziale, benedetto, istinto di sopravvivenza.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"