Di Alfredo Pedullà
10 Marzo 2020
Un’altra occasione scaraventata dalla finestra. L’emergenza Coronavirus avrebbe dovuto trovare tutti sulla stessa barca, ben oltre le priorità personali, i diritti televisivi, il calcio che non si può fermare. Invece, è accaduto l’inenarrabile: un Ministro, mai Spadafora avrebbe immaginato di trovarsi in prima pagina non per meriti acquisiti, che in un momento di panico si rimangia il Decreto e agisce di pancia; la Lega, non troppo ben rappresentata da Dal Pino e cercheremo di spiegare perché. Il presidente dei calciatori, Damiano Tommasi, che anziché chiedere un tavolo urgente di lavoro per tutelare gli interessi dei suoi assistiti, si rintana in un tweet nel cuore della notte (o quasi) di sabato per poi scrivere di domenica mattina alle autorità competenti per chiedere la sospensione. Tutto questo mentre due squadre (Parma e Spal) erano nel sottopassaggio del “Tardini” pronte a giocare una partita che avrebbero dovuto sospendere prima, mercoledì o giovedì. Invece no: scusate, abbiamo scherzato, tornatevene negli spogliatoi, salvo poi scoprire che sarebbero scese in campo con un’ora e un quarto di ritardo.
La centralità del presidente della Lega non è più tale. Uscito a pezzi dagli ultimi cinque-sette giorni, Dal Pino ha scelto la linea del silenzio. Non si è presentato neanche per spiegare in tre minuti dopo la riunione di lavoro a Roma, non chiamiamola Assemblea, forse perché ancora scottato dagli insulti di Zhang junior. Ma se un presidente non spiega, che presidente è? Lo hanno eletto i club, certo, quindi loro sono responsabili. Ma ci permettiamo di aggiungere un concetto per noi fondamentale: non esiste presidente di Lega che non debba masticarne tanto, davvero tanto, di calcio. Dal Pino arriva da altri settori, è lì quasi per rappresentanza, in passato ci sono stati altri errori di questo tipo, errori che non si possono più commettere. Perché sarebbe come lasciare la porta di casa aperta e permettere a tutti di entrare. La porta va blindata con uno che conosca l’argomento quasi a memoria, praticamente nei dettagli. Sarebbe come se un presidente di qualsiasi club andasse domani a Piazza Affari per risolvere i problemi della Borsa, il profondo rosso e tutto ciò che ne attiene: da incompetente non sarebbe all’altezza, così come non saremmo all’altezza noi di parlare oggi o domani di Coronavirus. Eppure ci sono stati tanti giornalisti sportivi che si sono esibiti sui social: prima facendo ironia e pubblicando cose legate a una malattia che meriterebbe quel minimo di silenzio e di rispetto necessario in situazioni del genere, poi scandalizzandosi perché non sono state rinviate le partite. Ci vuole coraggio. Certo è che, dopo due mesi di incarico, Dal Pino è andato in corto circuito. La prossima volta occorrerà pensarci molto e bene: prima di eleggere il numero uno dell’industria del pallone, sarebbe almeno importante che sapesse come funziona e che abbia un’infarinatura – almeno quella – sui principali problemi del calcio.
Così abbiamo chiuso domenica 8 marzo con un surreale Juve-Inter, ben oltre la superba prestazione della squadra di Sarri. Tutto è stato surreale, anche che la Serie B abbia giocato in presenza di uno stop. Anche che la Serie C abbia bloccato due gironi perché non era possibile penalizzare i club con le porte chiuse. Peccato che poi le porte chiuse siano state sancite per tutti nel girone C della stessa Serie C. Non c’è un filo conduttore, neanche un minimo passaggio che ci consenta di avere la minima idea di un’organizzazione interna chiara e logica. Ci sono presidenti di Serie B che sono preoccupati di un collasso imminente, magari sono gli stessi, citiamo Santopadre del Perugia, che appesantiscono il bilancio con esoneri cervellotici, nuovi capitali investiti senza un perché. Volete due nomi? Santopadre mandò via Breda prima di un playoff conquistato e prese Nesta con risultati assurdi. E poche settimane fa ha fatto la stessa cosa con Oddo per ingaggiare Cosmi (l’allenatore che quando retrocede a Venezia oppure ne perde quattro o cinque di fila mai è colpa sua) peggiorando in modo clamoroso la posizione in classifica. Il grido d’allarme di Santopadre ha sicuramente motivo di esistere, ma pesano anche alcune scelte onerose, senza una logica e senza un ritorno.
Juve-Inter non è stata così surreale come il surreale dei giorni o delle ore precedenti. La prossima volta facciamo così: il Ministro parli delle cose che sa, non si rimangi tutto quattro giorni dopo; il presidente della Lega Calcio ci metta la faccia; Tommasi si attivi per far valere i suoi diritti senza aggrapparsi a un tweet. Quanto ci manca una figura prestigiosa e unica come l’avvocato Campana che rappresentava i calciatori senza soluzione di continuità, con fatti e non parole. Non siamo pronti per l’emergenza e tutto il resto: il surreale è stato questo, non certo Juve-Inter a porte chiuse. Ora ci fermiamo, com’è giusto che sia. La prossima volta (speriamo mai più) facciamolo meglio, prima, per tempo, seguendo un’unica direzione, incondizionatamente.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".