Di Massimo Zampini
31 Gennaio 2020
E quindi siamo questi. Basta mercato, voci, idee di scambi, possibili addii, arrivi suggestivi: siamo definitivamente questi, praticamente gli stessi dell’andata, con Demiral (per infortunio) e Can (all’addio) in meno e, si spera vivamente, con Chiellini in più, almeno tra qualche settimana.
Serve, Giorgione, mica solo per come difende, come si attacca all’uomo e non lo lascia respirare, ma anche perché la nostra è una squadra zeppa di campioni ma forse non di leader, di gente che se vede i compagni giochicchiare come a Napoli in attesa di vincerla quasi per caso – e se ragioni così poi finisci per perderla – sappia dare una strigliata, conforto, qualche indicazione, insomma sappia svegliare chi quel giorno non appare troppo sveglio. Brutta sconfitta, quella di Napoli e sia chiaro, non certo perché da quelle parti non si possa perdere anche in un anno per loro fino a oggi deludente, ma perché pareva la domenica perfetta per almeno provare ad allungare e invece niente, molli dal primo al novantesimo. E stavolta l’indicazione temporale va presa letteralmente, fino al novantesimo, perché fin lì ma nel recupero ci hanno provato sul serio, con un gol e qualche palla buttata in mezzo.
Siamo questi e va bene così perché, anche se la rosa non è perfetta e soprattutto a centrocampo rimangono dei dubbi, se giochiamo con le figurine in ogni ruolo abbiamo un cambio all’altezza: Cuadrado e Danilo a destra; Bonucci, Chiellini, de Ligt e Rugani al centro; Alex Sandro e De Sciglio a sinistra: Pjanic o Bentancur in regia; Rabiot, Matuidi, il tentativo Bernardeschi, il rientrante (prima o poi) Khedira, ancora Bentancur o perfino Ramsey come mezzali; le note alternative davanti, soprattutto se Douglas Costa riuscirà a dare almeno un briciolo di continuità alla sua presenza in gruppo.
Manca qualcosa a centrocampo, dietro il rientro di Chiellini è ancora lontano, davanti bisogna sperare che arrivino più gol dai compagni di Cristiano, tutto vero. Ma le alternative non mancano, la qualità neanche, quindi testa bassa e pedalare, senza troppi mugugni per un cambio o per un’esclusione dai titolari. A fine anno vedremo dove saremo arrivati e tireremo le conclusioni, fin lì la cosa migliore sarebbe remare tutti dalla stessa parte, loro in campo e noi fuori, che magari amiamo troppo la squadra e forse proprio per questo talvolta sembriamo trovare gusto a supportare il consueto racconto mediatico di un ambiente confuso, con umore nero, a un passo da una crisi attesa ormai da troppo tempo: così, se prima qualcuno si divertiva a svalutare il lavoro di Marotta, ora ha cambiato semplicemente obiettivo e fa lo stesso con il suo successore (magari apprezzando, solo ora, il nostro ex DG passato ai rivali interisti); per una selva di detrattori dell’allenatore con cui abbiamo vinto 5 scudetti e 4 coppe Italia (fatto più unico che raro, sia quella quantità di vittoria e sia, anzi di più, che ci fosse un esercito di insoddisfatti proprio in quegli anni), ecco già pronti i nemici del tecnico con cui, a oggi, siamo primi in classifica, agli ottavi di Champions e in semifinale di Coppa Italia; e mi raccomando, che non manchi qualche nemico tra i giocatori, prima Khedira, ora Matuidi e domani chissà chi, che tanto qualcuno troveremo e comunque fa pure rima.
Siamo questi, quindi, niente scuse per le distrazioni provenienti dal mercato, per il Barcellona o il Paris Saint Germain, per Rakitic o Kurzawa, testa solo agli obiettivi finali. Poi ci sarà tempo per la gioia o per la delusione, per confermare tanto o cambiare tanto. Consapevoli che i principali avversari si sono rinforzati molto, anche se Conte, ripetendo a memoria un’ormai stucchevole parte, finge di non saperlo. È arrivato anche Eriksen, che dovrà ambientarsi ma certamente garantirà qualità e magari qualche gol su punizione. Un pericolo e uno stimolo in più, anche per noi.
Niente paura ma massima concentrazione a partire da Juventus-Fiorentina e niente partite giocate con sufficienza come a Napoli, allora.
Perché noi siamo questi.
E magari ci sentiamo sempre imperfetti, probabilmente lo siamo davvero, ma gli altri, ve lo garantisco, sarebbero felici di stare al posto nostro.
Autore di 4 libri, praticamente identici, cambiando solo il titolo e i nomi dei protagonisti: finale sempre uguale. Blogger e opinionista tv. La frase che mi sono sentito dire di più in vita mia? "Ma come fai a essere di Roma e a tifare per la Juve?"