Di Gabriele Borzillo
7 Gennaio 2020
Ricominciamo; in pratica da dove avevamo finito. Con la Lazio che porta a casa tre punti oltre il minuto novanta, l’Atalanta padrona assoluta del campo, straripante contro un Parma rimasto in terra emiliana con lo zampone sullo stomaco, Cristiano Ronaldo risvegliato dal torpore novembrino e il Milan fermo al palo a guardare gli altri ormai irrimediabilmente lontani. Ma andiamo per gradi.
Pronti via inizia la Lazio a Brescia. Balotelli, sembra tornato non diciamo ai livelli di un tempo ma certo, con l’allontanamento di Grosso, stiamo parlando di un giocatore di calcio e non di altre discipline, illude le rondinelle; ci pensa Immobile a rimettere dapprima le cose al loro posto, rigore numero undici in diciassette turni di campionato, se non è un record poco ci manca poi, complice l’espulsione di Cistana, quarta partita che i capitolini terminano in superiorità numerica, i ragazzi di Simone Inzaghi spingono con sempre maggior convinzione e, pur rischiando in un paio di circostanze più del necessario, riescono a vincere al solito minuto novanta più qualcosa, sempre con Ciro, mai decisivo in carriera come durante questo campionato. Del direttore di gara non parliamo, diciamo che Manganiello non è incorso in una delle sue migliori direzioni, coadiuvato dal VAR, e tanto basta.
Tre punti li porta a casa anche il Verona impegnato a Ferrara; per gli scaligeri un passo importantissimo verso zone tranquille della classifica, oggi a pari punti col Milan spendendo un quinto del budget rossonero, ma di questo parleremo più avanti, con annesso bel gioco. Juric sembra aver trovato la formula magica per far rendere i suoi ad alto livello sempre e comunque; sono pochissime infatti le partite in cui i gialloblù hanno subito senza rispondere colpo su colpo. Pesante la vittoria del Genoa sul Sassuolo; un rigore discusso e discutibile, altre decisioni sfortunate per Irrati – gol della vittoria rossoblù contestatissimo – ma il Grifone in campo ci mette il cuore e l’anima. Cosa che non fa la Roma, abbattuta dalla doppietta del Gallo Belotti e troppo nervosa per essere la bella squadra, tutta tocchi in velocità e possesso palla, ammirata prima della sosta natalizia; ora l’Atalanta incalza e, intervallo della trasferta di Genova a parte, gli uomini di Fonseca dovranno affrontare Juventus e Lazio.
Il derby dell’Appennino termina con un salomonico pareggio ma la Fiorentina ha di che mordersi le dita; un paio di contropiede letali buttati alle ortiche e gol dell’uno a uno subito al minuto novanta più quattro. Iachini, al debutto sulla panchina viola, dovrà lavorare assai; ma la squadra è già lontana parente di quella abulica vista nelle ultime settimane della gestione Montella.
Torniamo per un istante all’Atalanta; gli orobici hanno passeggiato sul fantasma del Parma, offrendo ai propri tifosi una prestazione da stropicciarsi gli occhi. Solitamente, in circostanze del genere, diventa difficile capire dove cominciano i meriti di uno e i demeriti dell’altro; ma, quando c’è di mezzo l’Atalanta, i meriti sono sempre e soltanto degli orobici, capaci di annichilire senza via di scampo l’avversario di turno, complice una grandissima condizione atletica e mentale. Sabato al Mezza, contro l’Inter, ne sapremo di più.
Allo stesso modo la Juventus strapazza un Cagliari, totalmente demotivato ed incapace di costruire un’azione degna di tale nome in novanta minuti. Il tridente di Sarri ha seppellito i sardi, in palese difficoltà e scesi in campo senza il minimo spirito pugnante. Anzi, al contrario, la truppa di Maran ha deciso di non giocare al calcio, consegnandosi di fatto alle armate bianconere, abili ad espugnare fortini disorganizzati e destinati a crollare miseramente.
Veniamo al capitolo Milan. Il Milan gioca, sostanzialmente male, senza troppe idee e con molti balbettii. L’attesa per il debutto di Ibra era enorme ma, il problema, non sta nella presenza o meno di Ibra. Casomai sta nella non programmazione, nei soldi spesi tanti e male, almeno a giudicare dai risultati fin qui conseguiti, nel futuro incerto perché appare sempre più evidente il disinteresse della proprietà verso le vicende rossonere. Quasi come se Elliott si fosse trovato il Milan tra le mani senza assolutamente sapere cosa farsene. E, di certo, se l’idea di calcio che ha in mente Pioli è palla lunga su Ibrahimovic e vediamo come va a finire beh, le speranze Champions, già sottilissime, finiscono inevitabilmente per azzerarsi.
De Paul, forse prossimo interista forse no, regala un successo d’oro alla sua Udinese in quel di Lecce, dove Liverani deve necessariamente iniziare a porsi delle domande prima che la situazione gli sfugga di mano.
In serata, nel match clou del diciottesimo turno, l’Inter espugna il San Paolo, dove non vinceva da ventidue anni, con doppietta di Romelu Lukaku, quello che molti espertoni di calcio universale avevano bollato come pippone ancora prima di vederlo all’opera, e sigillo finale di Lautaro, ragazzetto dalle gran belle speranze. O, forse, sarebbe meglio dire certezze ormai. I due sono un’arma letale, trascinano i compagni e sono in grado di aprire le difese avversarie soprattutto in trasferta.
Dall’altra parte Gattuso mette in campo un Napoli discreto, nulla più, che veleggia in posizioni di classifica del tutto inattese; del resto, quando hai metà squadra in scadenza di contratto e non sei capace di scendere a compromessi ma, al contrario, usi il pugno duro, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Per fortuna c’è ancora la Champions per i partenopei, ma servirà ben altra garra.
Nato a Milano, giornalista, scrittore, speaker radiofonico ed opinionista televisivo, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa.