La nona giornata non porta sconvolgimenti in vetta alla classifica; o, meglio, ne avrebbe potuti portare se l’Inter di Antonio Conte avesse regolato, come da pronostico, il Parma, vittima sacrificale dei nerazzurri. Ma andiamo per ordine.

Sottolineavamo, nelle scorse settimane, come i campioni d’Italia faticassero più del dovuto contro squadre tecnicamente inferiori. Era capitato col Brescia, col Verona, col Bologna; finché tanto tuonò che piovve, e la Vecchia Signora si impantana in un pericolosissimo pareggio sul campo del Lecce, matricola terribile che Liverani sta portando a giocare su tutti i campi col suo credo, senza badare più di tanto a far barricate con la speranza di rubacchiare un punticino qua e uno là. Vedremo se la tattica dei giallorossi salentini porterà quei frutti sperati; fino ad oggi, di sicuro, è una delle compagini che ha mostrato maggior coraggio e grinta.

La Juve non decolla, dicevamo, anzi frena nemmeno troppo inaspettatamente. Quindi occhi e orecchie puntate su Milano, stadio Meazza, per la partita dell’Inter. Che comincia discretamente, rischia in un paio di circostanze, va in vantaggio con un tiro di Candreva deviato non ricordo quante volte e tu pensi; eccoci, contro sorpasso e di nuovo i bianconeri ad inseguire. Invece no. Invece l’Inter si addormenta in campo, nel vero senso della parola, perde palloni come se piovesse, sbaglia appoggi elementari frutto non tanto di stanchezza nelle gambe quanto piuttosto, almeno a nostro parere, di un rilassamento mentale che già si era presentato in quel di Reggio Emilia.

Morale della favola il Parma pareggia e, tra lo stupore generale, picchia in rete pure il secondo. Gelo, eccezion fatta per la curva nerazzurra che incita i suoi come non ci fosse un domani. Finisce il primo tempo e le urla di Conte devono essersi fatte sentire perché, al rientro in campo, l’Inter spinge a pieno organico dominando in lungo e in largo. Pareggia e rischia di vincere in più di un’occasione, sbagliando sempre l’ultima stoccata, quella decisiva. Finisce due a due, sorvoliamo sull’arbitraggio che non è mai bello da tirare in ballo, e ad approfittarne è l’Atalanta, meteora in Champions ma realtà in campionato; seppellisce Tudor e l’Udinese, fino a ieri miglior difesa del campionato, sotto sette pesantissimi gol e si avvicina pericolosamente al duo di testa.

Continua a stentare il Napoli, fermato su un campo che i partenopei trovano particolarmente ostico, quello di Ferrara; e non basta nemmeno il vantaggio iniziale di Milik, regolarmente a segno, per dare il la al successo azzurro. Kurtic pareggia immediatamente o quasi e la gara offre spunti di passione, di tanto in tanto, restando in sostanza equilibrata. Insomma, il bel Napoli di Champions stenta, nemmeno poco, in campionato.

Da segnalare l’esordio vittorioso di Thiago Motta sulla panchina del Genoa, che rimonta e strapazza il Brescia grazie soprattutto alle intuizioni del nuovo tecnico, l’uomo che ha vinto tutto con la maglia dell’Inter. Così come vince il Bologna sulla Samp, all’ultimo respiro. Ricordiamo il successo prezioso del Sassuolo a Verona mentre Toro e Cagliari si dividono la posta, coi sardi che in caso di vittoria avrebbero agganciato il treno Champions League.

Treno che invece aggancia la Roma piegando un Milan sempre più in caduta libera. Gli uomini di Fonseca, senza sette titolari, battono i rossoneri ancora una volta privi di reattività e agonismo, quasi comparse in un campionato che definire anonimo è addirittura troppo poco. Il cambio di allenatore non ha portato i frutti desiderati e il Milan si ritrova prigioniero delle sue paure e dei suoi fantasmi. Meglio darsi una mossa, ci vuole un attimo per ritrovarsi in zone assai poco nobili della classifica.

Anche la Lazio si prende i tre punti; nel finale, in casa della Fiorentina, rientrando nel giro europeo, anche se piuttosto lontano dalle zone di vertice. Però attenzione, a parte le prime tre il Napoli, quarto, ha diciassette punti. È una lotta, quella per l’Europa, già entusiasmante.