Di Fabrizio Biasin
Aggiornato: 23 Settembre 2019
C’era una volta il “nuovo Gabigol”, qualcuno lo chiamava così. Non arrivava dal Brasile, ma dalla vicina Argentina, aveva la nomea del Toro ma, si diceva, “son tutti buoni a regalarsi un soprannome arrapante“. All’Inter, poi, in un attimo si trasformano tutti in bidoni e mezze tacche”. Lo definivano “ennesima scommessa” e, va detto, all’inizio pareva un filo spaesato. Il suo tecnico (che poi era Spalletti) lo teneva in disparte, il padre si incazzò (“deve giocare!”), lui si incazzò a sua volta e esibì lo sguardo cupo (che poi è lo stesso che ha ora, va detto) di chi cercava un’occasione e si ritrovava a scaldare la panchina. Non proprio un buon inizio.
Poi la sorte e i guai altrui (leggi “Icardi”) gli hanno regalato spazio, lui se l’è preso, ha conquistato la fiducia della gente, non l’ha più mollata. La scorsa estate ha disputato una sontuosa Copa America con la sua Nazionale e, certo, l’Albiceleste non è tornata a casa per colpa sua. Di lui si è detto “lo vuole il Barcellona! Lo scipperanno all’Inter!”, ma è parso più che altro un chiacchiericcio montato da chi ha visto in lui il partner ideale per sua Maestà Messi, non uno qualsiasi.
Dopo poco il volume si è abbassato, il ragazzo è andato in vacanza, quindi è tornato a Milano. I soliti malpensanti hanno sentenziato ancora una volta: “Non troverà spazio, perché a Milano ora ci sono i Lukaku e i Sanchez”. Lui non ha aperto bocca, è tornato in campo, ha segnato un gol strano e importantissimo in campionato contro il Cagliari, ha rimesso ancora una volta tutti a tacere.
Il suo ct, che poi è Scaloni, lo ha richiamato in Nazionale perché fesso non è. Ha fatto assai bene. Il “Toro”, ex “nuovo Gabigol”, ne ha fatti tre nel 4-0 che la sua nazionale ha rifilato al Messico. Oh, trattasi di un’amichevole e certo non c’erano trofei di alcun tipo in palio, ma cambia davvero poco. Quel ragazzo lì – tirato a lucido, guizzante, serio come pochi – ha vestito i panni del leader maximo, ha segnato in tutte le maniere, era già idolo della sua gente e da oggi lo è ancora di più.
E allora eccola qui, la “non-più-promessa” dal soprannome ingombrante, le idee sempre più chiare e la voglia, manifesta, di far godere l’Inter e mister Antonio Conte come-nessuno-mai. Probabilmente sabato contro l’Udinese non giocherà, del resto i voli intercontinentali a due passi dalla ripresa sfiancano i più, tori compresi. Di sicuro, però, la copertina oggi è sua, tutta sua, del giocatore da 9 gol in Nazionale in sole 13 presenze (7 in 29 con la maglia nerazzurra) che era arrivato portando sul groppo tante promesse ed è seriamente intenzionato a mantenerle tutte.
Si chiama Lautaro Martinez, ha 22 anni appena compiuti, è alto la miseria di 174 centimetri, pesa 72 kg e se lo guardi distrattamente pensi a un tizio magrolino, destinato a volar via al primo sbuffo di vento. Ma provate voi a stuzzicare un Toro, la cosa più probabile che vi può capitare è che vi facciate male, malissimo.
Lo chiamavano “nuovo Gabigol”, li ha già messi tutti a tacere. Lunga vita.
Nato a Milano per far felice mamma. Venditore di fumo. Opinioni non richieste su qualunque cosa. Ex terzino promettente "ma poi mi sono rotto il ginocchio". Militesente. Automunito. Ero biondo.