Lo sport è fatto di date e ogni tifoso ha una sua data del cuore, quella in cui ha vissuto emozioni forti e ha visto i suoi beniamini trionfare. Purtroppo ci sono anche date nefaste e proprio il 25 maggio è stata per il calcio italiano una delle date peggiori, perché, sebbene in epoche diverse, ha visto i nostri club perdere clamorosamente le finali di Coppa dei Campioni (poi Champions League), che avevano raggiunto con tanta fatica e alle quali erano approdate da favorite.

Il primo dramma sportivo in questa data è stato quello dell’Inter nel 1967, sconfitta in rimonta dal Celtic per 2-1 dopo essere stata in vantaggio per tre quarti del match. Il secondo è stato quello della Juventus nel 1983 contro l’Amburgo e infine, la ferita più fresca, ma fortunatamente già rimarginata grazie alla rivincita del 2007, è la sconfitta clamorosa del Milan contro il Liverpool ai rigori nel 2005, dopo che i rossoneri avevano chiuso il primo tempo in vantaggio per 3-0.

Coppa dei Campioni 1967: la finale Celtic-Inter 2-1

Nella stagione 1966-1967 l’Inter di Helenio Herrera, che nella stagione precedente aveva vinto campionato e Coppa Intercontinentale fermandosi in semifinale di Coppa dei Campioni (dopo averla vinta per due anni consecutivi, nel 1964 e nel 1965), arrivò in finale eliminando, in sequenza: i sovietici della Torpedo Mosca, battuti 1-0 a Milano (a Mosca finì 0-0); gli ungheresi del Vasas SC con un 4-1 complessivo (2-1 all’andata e 2-0 al ritorno); il Real Madrid (campione in carica), battuto 1-0 a San Siro e 2-0 al Bernabéu; il CSKA Sofia. Contro la squadra bulgara i nerazzurri dovettero disputare un match di spareggio che vinsero per 1-0, dopo che sia l’andata sia il ritorno si erano chiusi sull’1-1. Il Celtic, invece, guidato da Jock Stein, fece fuori prima gli svizzeri dello Zurigo battendolo per 2-0 all’andata e 3-0 al ritorno, poi si impose sul Nantes per 3-1 sia in casa sia in Francia, ai quarti ebbe la meglio sui serbi dell’FK Vojvodina grazie alle vittorie per 1-0 e 2-0, infine in semifinale vinse 3-1 all’andata e difese lo 0-0 al ritorno contro i cechi del Dukla Praga. Quell’anno il Celtic aveva due giocatori nelle posizioni più alte della classifica dei marcatori: Stevie Chalmers con 5 gol e Tommy Gemmell con 4.

La finale si disputò all’Estádio Nacional di Oeiras, nel distretto di Lisbona e l’arbitro fu Kurt Tschenscher della Germania Ovest. Era la prima volta che all’ultimo atto della Coppa dei Campioni si presentava una squadra d’oltremanica e l’Inter, vincitrice del trofeo solo due anni prima, era super-favorita contro gli scozzesi che, invece, erano al loro esordio in questa competizione. Dopo solo sei minuti di gioco i nerazzurri usufruirono di un calcio di rigore per un fallo su Renato Cappellini. Fu Sandro Mazzola a trasformare il rigore portando l’Inter in vantaggio per 1-0. Nel secondo tempo gli interisti dimostrarono una minore sopportazione del caldo portoghese e forse anche una maggiore stanchezza dovuta allo spareggio con il CSKA Sofia, perciò cedettero di schianto e il Celtic riuscì a trovare il gol del pareggio al 63’ con Gemmell e quello della vittoria all’84’ con Chalmers. Quella sconfitta segnò, di fatto, la fine del ciclo della Grande Inter e l’inizio, invece, del ciclo del Celtic i cui giocatori si guadagnarono l’appellativo di Lisbon Lions.

Coppa dei Campioni 1983: la finale Amburgo-Juventus 1-0

Nella stagione 1982-1983 la Juventus allenata da Giovanni Trapattoni, oltre ad avere una squadra che includeva numerosi italiani campioni del mondo, aveva anche introdotto in rosa due campioni stranieri come Michel Platini e Zbigniew Boniek. Campioni d’Italia in carica, i bianconeri arrivarono in finale di Coppa dei Campioni senza perdere una partita. Il loro percorso cominciò con la vittoria per 4-1 all’andata e il pareggio per 3-3 contro i danesi dello Hvidovre, poi proseguì agli ottavi con un pari per 1-1 e una vittoria per 2-0 contro i belgi dello Standard Liegi, ai quarti arrivarono i successi per 2-1 e per 3-1 contro i campioni d’Europa uscenti dell’Aston Villa e in semifinale il successo per 2-0 all’andata e il pari per 2-2 al ritorno contro i polacchi del Widzew Łódź. Paolo Rossi si aggiudicò la classifica dei cannonieri con sei gol, seguito dal compagno Platini con 5.

L’Amburgo, campione in carica della Germania dell’Ovest, iniziò il proprio percorso eliminando i campioni della Germania dell’Est della Dinamo Berlino grazie a un pari per 1-1 all’andata e a una vittoria per 2-0 al ritorno. Agli ottavi arrivarono due vittorie, per 1-0 e per 4-0, contro i greci dell’Olympiacos, poi fu la volta della Dinamo Kiev, battuta ai quarti per 3-0 e per 2-1. In semifinale l’Amburgo fece fuori la Real Sociedad grazie a un pari per 1-1 all’andata e alla vittoria casalinga per 2-1 al ritorno.

La finale andò in scena allo Stadio Olimpico di Atene davanti a 73.500 spettatori. Fu un match molto tattico, anche perché sia Trapattoni sia l’allora allenatore dell’Amburgo Ernst Happel sono noti per essere stati due grandi strateghi del calcio. Il gol decisivo arrivò molto presto, al 9’ del primo tempo, segnato da Felix Magath, che trafisse dalla distanza Dino Zoff, quel giorno alla sua ultimissima partita con la Juve. Dall’altra parte il portiere dell’Amburgo Uil Stein fu un grande protagonista del match con le sue numerose parate, ma anche per un episodio dubbio: la Juve recriminò per un fallo di Stein su Platini in area di rigore, ma l’arbitro rumeno Nicolae Rainea non ne volle sapere di assegnare il calcio di rigore. Dopo il match gli stessi tedeschi riconobbero che quello di Stein fu un intervento falloso. La Juve non riuscì a segnare e così l’Amburgo conquistò la sua prima Coppa del Campioni, interrompendo il dominio inglese che era durato sei anni grazie ai titoli vinti da Liverpool, Nottingham Forest e Aston Villa.

Champions League 2005: la finale Liverpool-Milan 6-5 (d.c.r.)

Nella stagione 2004-2005 il Milan guidato da Carlo Ancelotti, che l’anno prima aveva vinto il suo 17° scudetto, fu inserito nella seconda fascia del sorteggio e capitò nel gruppo F con Barcellona, Shakhtar Donetsk e Celtic Glasgow. Chiuse la prima fase da primo della classe con 13 punti, frutto di quattro vittorie, un pareggio (0-0 a Glasgow) e una sola sconfitta (2-1 a Barcellona). Il Barça che era in prima fascia arrivò secondo con 10 punti. Nella fase a eliminazione diretta il Milan vinse sia all’andata sia al ritorno per 1-0 contro il Manchester United negli ottavi di finale. Nei quarti il Diavolo incontrò l’Inter e vinse 2-0 il primo match, mentre per il secondo si vide assegnare il successo per 3-0 a tavolino dopo che la partita fu sospesa al 78’. Con il Milan avanti 1-0 grazie a una rete di Shevchenko al 30’ (e un gol annullato all’Inter), i tifosi nerazzurri cominciarono a gettare oggetti e petardi in campo e quello passò alla storia come l’Euroderby della vergogna. L’arbitro tedesco Markus Merk fu costretto a sospendere la partita e il Milan ebbe accesso alla semifinale. Contro gli olandesi del PSV i rossoneri vinsero 2-0 l’andata in casa, ma persero 3-1 il ritorno in trasferta. Tuttavia, nonostante l’enorme sofferenza nel finale di gara, grazie alla regola dei gol fuori casa, i rossoneri riuscirono a passare il turno e a qualificarsi per la finale di Istanbul.

Il Liverpool, allenato da Rafael Benítez, non giocava una finale di Champions League da 20 anni (l’ultima fu quella ricordata per la Strage dell’Heysel). Cominciò il suo percorso dal terzo turno preliminare, eliminando gli austriaci del Grazer AK vincendo l’andata per 2-0 e perdendo al ritorno per 1-0. Al sorteggio i Reds erano stati inseriti in seconda fascia come le italiane (oltre a Milan e Inter c’erano anche Juventus e Roma) e superarono la prima fase arrivando secondi nella Pool A con 10 punti, frutto di tre vittorie, un pareggio e due sconfitte. Agli ottavi eliminarono il Bayer Leverkusen con un doppio 3-1, poi ai quarti ebbero la meglio sulla Juventus grazie al successo per 2-1 all’andata e il pareggio a reti bianche al ritorno. In semifinale il Liverpool affrontò il derby inglese contro il Chelsea e lo superò grazie a una vittoria per 1-0 al ritorno dopo aver pareggiato 0-0 all’andata.

La finale andò in scena allo stadio Olimpico Atatürk di Istanbul. Il Milan scese in campo da favorito e sembrò rispettare i favori dei pronostici andando in gol già al primo minuto con il capitano Paolo Maldini su assist di Andrea Pirlo da calcio di punizione. Meno di un quarto d’ora dopo il Diavolo andò di nuovo in rete con Shevchenko su assist di Kakà, ma il gol fu annullato per un fuorigioco segnalato dal guardalinee. La moviola dimostrò poi che Sheva non era assolutamente in fuorigioco. Il gol del 2-0 arrivò comunque poco dopo, al 38’, quando Sheva, imbeccato da Kakà, servì Crespo il quale appoggiò con facilità la palla in rete. L’argentino segnò anche il gol del 3-0 al 44’, servito da Kakà. La vittoria sembrava ormai una pura formalità per il Milan, ma nel secondo tempo, nonostante i rossoneri ebbero altre occasioni per segnare, al Liverpool bastarono pochi minuti per pareggiare il conto: Gerrard accorciò le distanze al 54’, Smicer raddoppiò al 56’ e Xabi Alonso segnò il gol del 3-3 al 60’ ribattendo in rete il rigore che gli era stato parato da Dida. Gli ultimi trenta minuti furono giocati a un ritmo più blando e servirono prima i supplementari, durante i quali nessuna delle due squadre segnò, poi i calci di rigore per assegnare la coppa. Cominciò il Milan con Serginho, che sbagliò, mentre Hamann del Liverpool segnò; al secondo giro ci fu l’errore di Pirlo, mentre Cissé realizzò; Tomasson trasformò il primo rigore per il Milan, Riise sbagliò per il Liverpool; al quarto tiro dal dischetto ci furono le reti di Kakà e Smicer. Poi, al quinto rigore, Shevchenko non replicò quanto fatto contro la Juventus due anni prima e sbagliò il rigore consegnando un successo davvero rocambolesco agli inglesi.